PUGLIA - Medici pugliesi con l’Africa nel cuore. Disposti a rinunciare a Natale, Pasqua e Ferragosto, a ferie, riposi e permessi per dedicarsi alla cura e al supporto dei bisognosi nel lontano Benin nell’Africa occidentale, ai confini con il Togo, il Niger, il Burkina Faso e la Nigeria. Un'esperienza di volontariato di gruppo che per i camici bianchi provenienti dalla Puglia (la ginecologa Mariarosa Giangrande del presidio ospedaliero «San Giacomo» di Monopoli, il chirurgo Gaetano Logrieco del «Miulli» di Acquaviva delle Fonti, il patologo Luigi Ceci del «Bonomo» di Andria, l’odontoiatra Chiara Marini e il medico urgentista Sabino Montenero del «Mons. Dimiccoli» di Barletta) si protrae già da diversi anni e che si concretizzerà agli inizi del 2024 con una nuova missione carica di sorrisi, aiuti e solidarietà medica.
«A fine gennaio alcuni di noi torneremo nel Benin dove, mi creda, c’è tanto da capire, da fare, e da rimboccarsi le maniche»: sprizza gioia e voglia di aiutare, la ginecologa Giangrande tra le promotrici della onlus «Volontaria//mente» nata dopo che il Distretto Rotary 2120 nel 2005-2006 grazie ad Eliana Centrone e Giovanni Tiravanti pose le basi ad un progetto di grossa portata ed impatto denominato «Acqua sana per l'Africa» che riuscì a concretizzarsi con la costruzione nella laguna di Cotonou in Benin di una rete idrico-fognaria con relativo sistema di depurazione e distribuzione dell'acqua resa potabile.
«Abbiamo voluto l’Africa e il loro modo specifico di fare cooperazione. Sappiamo di essere ospiti, per questo l’approccio è umile e rispettoso di chi ci accoglie. Con loro nulla è calato dall’alto: costruiamo un progetto, diventando parte di un sistema». Formare, crescere, servire: questi i capisaldi dei progetti umanitari che «Volontaria//mente» ha realizzato in quella terra così lontana dove, ci racconta la ginecologa barese, «sembra di fare un salto nel passato di molti decenni». «La nostra associazione opera esclusivamente per fini umanitari e di solidarietà sociale, con prestazione di servizi di volontariato in campo medico, igienico-sanitario, dell’alimentazione, dell’istruzione e dell’ambiente».
In questi anni, oltre che dotare alcune scuole di sistemi solari, di pozzi e di reti fognarie in almeno una decina di villaggi, oltre che realizzare un mercato coperto (tre grandi hangar) per le venditrici di pesce, la onlus formata dai medi pugliesi sostiene il progetto di adozione di insegnanti garantendo lo stipendio a tre maestri per circa 450 alunni nella periferia terribile di Cotonou. Non solo. Ha sostenuto agli studi due ragazzi del villaggio di Zinviè, uno dei quali, Francois Acotegnon, è divenuto medico e attualmente si sta specializzando in Marocco in radio-oncologia».
«Il lavoro squisitamente sanitario - aggiunge la dottoressa Giangrande - è comunque quello predominante e lo si svolge presso l’ospedale “La Croix” che rimane il luogo dove trascorriamo gran parte delle nostre missioni. Abbiamo sempre vissuto in ospedale dove c’è una foresteria che all’inizio era un vero e proprio stabulario e dove, pur tra mille sacrifici, abbiamo convissuto, condividendo gioie e dolori».
«È un ospedale che stiamo vedendo crescere, un ospedale che nel 2006 non aveva ecografi e oggi può vantare un servizio radiologico eccellente dotato di Tac, un reparto di ostetricia e ginecologia, un reparto di chirurgia e dove, grazie a ”Volontaria//mente, nel 2022 è stata avviata la laparoscopia». Un medico fondamentale alla crescita della struttura, ci tiene a evidenziare la ginecologa barese «è stato Marius Yabi, un prete camilliano beninese laureatosi e specializzatosi in chirurgia in Italia, seguito ed accompagnato sempre dai volontari italiani ed attualmente trasferitosi al nord del Benin in un piccolo centro sanitario dove ancora una volta, insieme, cercheremo di fare quanto utile a crescere».
Negli occhi e nelle parole di Mariarosa Giangrande e dei suoi colleghi medici pugliesi si legge l’ennesima sfida umanitaria ma, anche, una nuova esperienza di volontariato pronta a concretizzarsi. «Ciò che ho ricevuto ogniqualvolta mi reco in Africa è molto più di quello che ho dato. Ognuno di noi può fare qualcosa. Certo, non c’è bisogno di andare fino in Africa: è importante avere la consapevolezza che delle volte pretendiamo tanto quando lì c’è qualcuno che non ha nulla. Ciascuno di noi dovrebbe fare ciò che può, senza pretendere di risolvere tutti i problemi».
E, infine, conclude la dottoressa dal cuore grande che nel 2014 ha anche ricevuto la cittadinanza onoraria della città di Adjohoun nel Benin: «L’Africa mi ha insegnato la pazienza e mi ha permesso di dare un valore al tempo. Una cosa che sembra banale, ma con cui fai i conti quando torni a casa e tutto corre veloce». La solidarietà, si sa, ha invece bisogno di tempo per entrare a regime e dare frutti. Qui da noi come nella lontana Africa.