BARI - È una questione di onde, da quelle elettromagnetiche della sua prima passione, a quelle del mare che lo ha accolto dopo la «chiamata». Don Cosmo Binetti, molfettese, è il cappellano militare di nave Cavour. Partito a fine gennaio da Taranto a bordo della portaerei, è arrivato negli Stati Uniti con l’equipaggio a cui porta conforto e infonde coraggio in questi tempi duri per la pandemia. L’ammiraglia della flotta italiana sarà impegnata nei prossimi mesi a Norfolk, base della Marina statunitense sull’Atlantico, per testare l’operatività dell’unità all’impiego degli «F-35». Un passato da radarista nelle centrali operative da combattimento delle navi della Marina, prima di vestire la tonaca, don Cosmo è oggi al suo primo incarico a bordo da cappellano militare. «Un ruolo di responsabilità sull’ammiraglia della Marina Militare in occasione di questa impegnativa e importante campagna negli Stati Uniti – sottolinea -. È la prima esperienza e posso dire che essere cappellano militare su una nave in navigazione è molto entusiasmante perché si è a contatto giorno e notte con tutto l’equipaggio, si impara a conoscere il personale di bordo con le loro esperienze e le loro storie.
La presenza del sacerdote è vitale per ogni militare che lascia le proprie famiglie per lungo tempo e il cappellano è colui che in “primis” ascolta e incoraggia. Spesso il ministero del cappellano assume il ruolo di padre che abbraccia e consola». Don Cosmo sembra avere sempre avuto il mare nel suo destino. «Nel 2014 – racconta -, dopo undici lunghi e intensi anni al servizio della forza armata, trascorsi prima nei ranghi delle Capitanerie di Porto e poi nella Marina Militare, ho scelto di intraprendere la strada del seminario, frequentando la Scuola allievi cappellani militari. Una scelta tanto particolare quanto emotiva, germogliata vivendo le tante esperienze ed emozioni a bordo delle navi della Marina, tra gli uomini e le donne, tra noi tutti, marinai. Che non sia già il nostro lavoro una vocazione? Allora mi ritengo fortunato, io ne ho avute due: marinaio e cappellano». La scelta di diventare sacerdote matura negli anni di imbarco tra gli incarichi da radarista sulla fregata Aliseo, poi su nave San Giusto e infine su nave Garibaldi. «Sì, navi molto diverse tra loro, ma legate tutte da un filo comune: l’entusiasmo e la forza d’animo delle persone conosciute, qualità più uniche che rare che noi marinai riusciamo a mantenere sempre vive, nonostante le difficoltà che la nostra professione ci chiede di affrontare. Ecco ciò che ho pensato: posso fare qualcosa in più per i miei colleghi? come posso aiutare loro, immersi in un lavoro tanto entusiasmante quanto difficile? Ero un radarista, mi sento ancora oggi radarista. Le mille notti di centrale di combattimento, il contatto con l’equipaggio e con i miei colleghi hanno posto davanti ai miei occhi nuove sfide, sempre più trascinanti, che mi hanno portato a credere che le tante storie di vita dei militari, fatte di entusiasmo e di difficoltà, avessero come comune denominatore la passione del Nostro Signore. Da quando ho avvertito questo profondo sentimento, ho iniziato un lungo cammino di discernimento». Ad ispirare don Cosmo è stato il cappellano militare don Roberto Modica. «Quando ero un giovane sottocapo radarista di nave Garibaldi, don Roberto ha acceso sempre più in me la consapevolezza della chiamata del Signore. Per me era stata scelta una vita diversa, da semplice marinaio al servizio della patria a marinaio al servizio di Cristo e dei marinai. Nulla per me è più gratificante di questo. Spesso i ragazzi mi dicono: “Don, come fai ad essere presente in ogni angolo della nave?”. È vero… mi piace girare molto e portare un po’ di gioia in quei momenti della giornata in cui il lavoro diventa particolarmente duro e impegnativo. Il cappellano è l’uomo che sa portare la gioia lì dove la nostalgia di casa e la tristezza potrebbero prevalere.
Il cappellano è anche un formatore e su nave Cavour sono numerose le iniziative di formazione che mi vedono coinvolto: dalla messa celebrata ogni giorno nella chiesetta di bordo, agli incontri in preparazione al matrimonio e alla cresima svolti ogni mercoledì, la messa domenicale o come la preparazione di improvvisati coristi e musicanti; nei tempi più intensi, come per esempio la Pasqua, le celebrazioni eucaristiche diventano un modo per far rivivere le tradizioni italiane e sentirsi a casa». Dal radar come operatore alla scoperta di superficie, al radar come operatore alla scoperta di Dio. «Ciò che ero è ciò che sono, così mi piace definire la mia vita. È grazie al mio passato se oggi su nave Cavour il mio servizio da cappellano militare trova un posto essenziale e soddisfacente perché è l’equipaggio che mi ha formato sacerdote ed è per loro che oggi continuo a vivere la mia scelta mettendo insieme la passione per il mare e per l’equipaggio di bordo, dove ognuno nel suo piccolo contribuisce a formare una grande Chiesa. Mi piace concludere con l’immagine della barca di Pietro che io porto sempre nel cuore, la barca è l’equipaggio di nave Cavour, ciascuno con la sua esperienza si impegna a edificare il Regno di Dio, ciascuno a bordo è un piccolo operaio nella vigna del Signore».