Sabato 06 Settembre 2025 | 02:58

«Ecco come rinascono i beni confiscati alla mafia»: la storia del manager pugliese Pezzuto

 
Danilo Lupo

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Danilo Lupo

«Ecco come rinascono i beni confiscati alla mafia»: la storia del manager pugliese Pezzuto

Tra i più importanti amministratori giudiziari di imprese sequestrate. La missione è dimostrare che le aziende non falliscono ma danno lavoro

Martedì 03 Settembre 2024, 08:39

La più imponente confisca di un’azienda infiltrata dalla criminalità della storia d’Italia è quella del Porto Turistico di Roma: un complesso localizzato a Ostia dal valore totale di mezzo miliardo di euro, strappato a un imprenditore in odor di mafia e in rapporti con i più pericolosi clan del litorale romano, gli Spada e i Fasciani. Un intero quartiere: 200mila metri quadri, un residence, una promenade lunga oltre un chilometro, un anfiteatro, 80 locali commerciali, stabilimenti balneari. Oggi ad amministrare tutto c’è un salentino: Donato Maria Pezzuto, probabilmente il numero uno degli amministratori giudiziari italiani, quei professionisti a cui i tribunali affidano le imprese strappate alla mafia per evitare che affondino. «Quello del Porto Turistico di Roma è un sequestro e poi una confisca di grande interesse sociale; ma anche una gestione molto difficile».

Che quadro che si trovò davanti?

«La vigilanza nel porto era affidata a una cooperativa gestita da un narcotrafficante che aveva scontato dieci anni in un carcere brasiliano; in alcuni stabilimenti balneari operavano soggetti contigui alle famiglie locali, i Fasciani e gli Spada. Gli immobili erano occupati da soggetti poco raccomandabili. Fu un duro lavoro per bonificare e legalizzare le aree».

Traduzione: sequestrato il porto, bisognava sfrattare i criminali che ancora si sentivano a casa loro?

«Abbiamo esaminato tutti i contratti di locazione, tutti i contratti di appalto per capire se ci fossero morosi, o soggetti inadempienti...

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