La notizia dell’arresto per atti persecutori di Giuseppe Di Mauro, 64 anni, stalker e assassino di Santa Scorese tornato dopo 32 anni a molestare Rosa Maria Scorese, 59 anni, sorella maggiore della vittima, ha fatto presto a fare il giro dei centri antiviolenza della Puglia dove la stessa Rosa Maria è molto nota per il suo impegno di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Le prime ad intervenire sono proprio le donne di Giraffa, la onlus di donne di cui Rosa Maria Scorese è anche socia: «La detenzione non rieduca chi non si può rieducare - dice Annamaria Minunno, componente del direttivo - l’assassino di Santa, giudicato infermo di mente al momento del femminicidio e, sano di mente ora tanto da essere posto ai domiciliari, è la dimostrazione di come una ossessione resti tale e anzi, si alimenti nel tempo. Santa e tante donne come lei sono state vittime due volte: dei loro assassini e di una giustizia che spesso non ha saputo distinguere il recuperabile dall’irrecuperabile».
Ricordiamo che per l’assassinio di Santa Scorese, nel 1992 il Tribunale di Bari dichiarava il non luogo a procedere nei confronti del suo assassino perché soggetto non imputabile per vizio totale di mente. L’uomo veniva sottoposto a ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e alla libertà vigilata sino al 2014. Ma 32 anni dopo Di Mauro ricomincia a molestare Rosa Maria Scorese con chat e audio-messaggi sui social. A fine gennaio trasferisce la sua residenza dalla provincia di Bolzano ad una Rsa di Cassano Murge, avvicinandosi sempre più alla famiglia Scorese. Arriva la denuncia di Rosa Maria, partono le indagini coordinate dalla Procura di Bari che stabiliscono la «condotta molesta e minatoria» di Di Mauro. Si giunge all’arresto. Le relazioni predisposte dai medici e dagli specialisti questa volta evidenziano un quadro clinico stabile. Di Mauro è punibile, dunque, assoggettabile alla misura cautelare emessa.
«Questa storia va ulteriormente a confermare che il disturbo psichiatrico è un elemento di rischio importante, che nelle fasi processuali viene visto come un attenuante, la causa della violenza. In realtà la patologia psichiatrica è un aggravante della situazione di rischio - rilancia Angela Lacitignola, presidente dell’associazione Sud Est Donne, responsabile dei Centri Antiviolenza Lia, Andromeda e Rompiamo il silenzio - perché aumenta il rischio di recidiva e la necessità di proteggere la donna».
Secondo Annamaria Montanaro del Cav Safiya Onlus di Polignano: «È inaccettabile una giustizia che rivittimizza le donne con la sua indifferenza». Patrizia Lomuscio del Cav Riscoprirsi di Andria sottolinea invece gli enormi passi avanti compiuti nella tutela della donna vittima di violenza: «Quanto accaduto a Rosa Maria Scorese mostra quanto sia cambiato in positivo il sistema di protezione delle donne vittime di violenza – dice - Santa ha perso la vita nonostante denunce e segnalazioni. La vicenda di Rosa Maria ci permette invece di toccare con mano quanto sia importante denunciare per essere prontamente tutelate e protette dal sistema». Da Barletta, più critica Tina Arbues, dell’Osservatorio Giulia e Rossella: «Certo i tempi sono cambiati rispetto a 32 anni fa, quando la legge sullo stalking non esisteva. Ma quanto accaduto è il segnale evidente di un sistema che continua ad essere disfunzionale rispetto alle vittime, poiché non riesce a prevenire il reiterarsi di certi fenomeni».
Da Taranto e provincia esprimono solidarietà alla famiglia Scorese le donne dei Cav dell’associazione Alzàia. Da Lecce interviene sulla questione anche Maria Luisa Toto dei Centri Antiviolenza Renata Fonte: «La violenza contro le donne affonda le sue radici nella discriminazione di genere ed è una delle più vergognose violazione dei diritti umani – conclude - siamo convinte che contro queste azioni criminali sia importante creare una rete di legalità e tutela per le vittime di violenza».