Saranno due importanti appuntamenti che si terranno domani a scrivere il futuro dell’indotto lucano dell’automotive. Da un lato ci saranno i circa novanta addetti rimasti nella Pmc dopo gli incentivi al pensionamento che, in sciopero, saranno di nuovo in presidio davanti ai cancelli dell’azienda. Dall’altro l’azienda, i sindacati ed i lavoratori della Magneti Marelli che si incontreranno per dare il via alla procedura per il riconoscimento dei nuovi ammortizzatori sociali legati al bando per l’area di crisi complessa. La Magneti Marelli è, infatti, la prima azienda che sta agganciando gli strumenti legati all’area di crisi complessa, ma già altre si preparano a farlo, sfruttando la possibilità di nuovi ammortizzatori che, altrimenti, non avrebbero. Un salvagente, quindi, per i 220 addetti della Magneti Marelli ma anche per i lavoratori delle altre imprese che vivono una condizione di difficoltà. Come la Lear che – secondo indiscrezioni – potrebbe seguire lo stesso percorso. Sul piatto ci sono 7 milioni di euro, soldi che il bando destina agli ammortizzatori ma la cifra – secondo i sindacati andrebbe rimpinguata. Come sottolinea Pasquale Capocasale, segretario generale della Fismic Basilicata. «Domani in azienda ci sarà l’incontro sulla Magneti Marelli, poi martedì sugli ammortizzatori la riunione si sposta in Regione. I 7 milioni di euro, però, andrebbero aumentati» commenta ricordando che sull’indotto «resta una situazione difficile e cosi andremo aventi fino alla fine dell’anno. Dobbiamo resistere nella speranza che i nuovi modelli possano avere i volumi giusti per saturare».
E che la situazione resti complessa viene confermato anche dal segretario della Uglm, Giuseppe Palumbo secondo cui l’orizzonte «è sempre più complicato perché gli ammortizzatori stanno arrivando alla fine. Pensavamo che ci fossero vie di uscita, invece, il tunnel diventa più lungo e più buio – spiega Palumbo - abbiamo bisogno davvero di un intervento del Governo sulla questione automotive, in particolare per il territorio di San Nicola di Melfi. Se continuiamo di questo passo rischiamo sul serio il collasso. Non si può andare avanti e la scadenza del 31 dicembre 2025 è dietro l’angolo». Nodi da sciogliere, dunque, e timori che nei giorni scorsi ha espresso anche la Fiom Cgil che è impegnata «a mantenere i livelli occupazionali». D’altra parte, la preoccupazione è anche quella degli addetti della Pmc che domani saranno al terzo giorno di sciopero perché vogliono «certezze sul futuro lavorativo rispetto alle voci secondo cui la situazione della fabbrica sia più grave delle altre aziende, tanto da rischiare i licenziamenti». Dai 173 addetti iniziali la forza lavoro oggi è di 94 unità. «Questa riduzione è preoccupante, per questo i lavoratori sono in sciopero con il sindacato, perché vogliono risposte sulla continuità degli ammortizzatori sociali che scadono il 30 ottobre – sottolinea il segretario regionale della Fim Cisl Gerardo Evangelista - Poi vogliamo sapere se le produzioni attuali e quelle future interesseranno sempre lo stabilimento della Pmc, o se non saranno interessate quale progetto c’è per loro. La Pmc è un tema ma bisogna fare una mappatura di tutte le cig presenti nell’area industriale di Melfi ed esaminare azienda per azienda. È necessario capire cose serve per evitare che la situazione peggiori».
Domande che ritorneranno sul tavolo del 23 luglio convocato dall’assessore regionale alle Attività Produttive, Francesco Cupparo, proprio dopo una lettera dei vertici della Fim Cisl.