I numeri sono quelli da far tremare i polsi. Il segretario regionale della Uil Basilicata, Vincenzo Tortorelli, lo dice senza timore di smentita dopo l’ultimo report sulle immatricolazioni del gruppo Stellantis che segna in Italia un crollo delle vendite del 32, 9 per cento rispetto al giugno dello scorso anno, con una flessione nel semestre dell’11,7 per cento.
Secondo le elaborazioni di Dataforce, infatti, il gruppo Stellantis ha venduto nel mese scorso 32.437 auto, con una quota di mercato del 24,5 per cento contro il 30,1 per cento dello scorso anno. Questo mentre nei primi sei mesi dell’anno le immatricolazioni sono state 250mila 524, in flessione dell’11,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. Numeri e percentuali in discesa, dunque, che hanno spinto la guida lucana della Uil ad «alzare la voce», denunciando, anche sui social, i rischi che questo scenario ha su Melfi e sulla Basilicata.
«I dati sulle immatricolazioni in Italia a giugno 2025 confermano una tendenza preoccupante per il gruppo Stellantis che registra un crollo del -32,9 per cento rispetto a giugno 2024 e un calo del -12,2 per cento nel primo semestre dell’anno. Con il segno meno che riguarda anche altri marchi» spiega Tortorelli che evidenzia pure come «a farne le spese sono marchi storici come Fiat, Jeep, Opel e Lancia, molti dei quali con legami produttivi e occupazionali diretti con la Basilicata e, in particolare, con lo stabilimento di Melfi».
In sostanza quei marchi e quelle auto che a San Nicola di Melfi vengono prodotte. «Questa flessione, se non affrontata con una strategia industriale chiara e condivisa, rischia di riflettersi negativamente sull’intera filiera dell’automotive lucana, sui livelli occupazionali, sull’indotto e sulla tenuta economica del nostro territorio» aggiunge ancora l’esponente sindacale che mette in luce come, invece, ad avere un andamento crescente siano i marchi cinesi: Byd (che registra un +1284 per cento), Omoda (con un +5088 per cento ) e Mg (con +25,4 per cento). Numeri che mostrano «tassi di crescita vertiginosi, segno di un cambiamento profondo nelle dinamiche di mercato, spinto da tecnologie più accessibili, nuovi modelli elettrici e politiche commerciali aggressive».
«È evidente che siamo nel pieno di una transizione industriale che rischia di lasciare indietro i lavoratori se non accompagnata da politiche nazionali forti, investimenti sull’innovazione e un nuovo patto industriale che tenga insieme competitività e coesione sociale» sottolinea ancora Tortorelli che dicendosi «molto allarmato» chiede una «nuova politica industriale».
«C’è un grande allarme. È un quadro preoccupante e serve una nuova politica industriale che guardia a questo problemone – precisa il sindacalista – i cinesi vanno bene perché hanno un costo concorrenziale, per rafforzare gli stabilimenti italiani si devono portare macchine appetibili ed accessibili a tutti. Il Governo e la Regione possono fare poco di fronte ai dati di mercato però la politica può avviare un confronto con i gruppi industriali che stanno nel nostro Paese ed avviare una politica di rilancio partendo dai nostri marchi. Oggi i soldi non bastano più per vivere, per pagare i fitti e neanche per comprarsi l’auto, la macchina è diventata un bene di lusso. I dati ci devono far riflettere tutti: i modelli arrivano ma le macchine si devono vendere».
Modelli, prezzi e politiche industriali. In questo scenario per il segretario regionale della Uil, però, resta strategico il ruolo dell’Europa. «Non è più rinviabile, a livello europeo, un vero confronto sul futuro dell’industria dell’auto. Serve una politica industriale comune, che metta al centro le regole della concorrenza, la tutela del lavoro, la sovranità tecnologica e la sostenibilità ambientale» conclude Tortorelli che ricorda come sulla vertenza Stellantis i sindacati stiano chiedendo, da tempo, «un confronto vero con il Governo, Stellantis e le Regioni interessate, per tutelare i posti di lavoro e governare la transizione prima che diventi una crisi irreversibile».