Oltre due anni di inferno. L’attività paralizzata, il dolore per essere finito nel tritacarne giudiziario, il sequestro di tutti i suoi beni. Franco Valluzzi, imprenditore potentino, originario di Pietrapertosa, attivo nel mercato della compravendita di automobili, è appena uscito da un «girone dantesco» dopo la decisione della Corte d’Appello di Potenza di restituirgli tutti i beni rilevando che «non sussiste alcun provento di natura illecita, attribuibile a Valluzzi, in quanto la tesi accusatoria rende malgoverno dei principi in tema di imposta sul valore aggiunto che erano alla base della contestazione di natura tributaria già elevata a Valluzzi».
È l’epilogo di un’inchiesta del 2021, frutto dell’operazione denominata «Sorpasso» coordinata dalla Procura di Potenza e condotta dalla Guardia di Finanza, che ha visto indagato l’imprenditore, etichettato «fiscalmente e socialmente pericoloso, nell’accezione prevista dal Codice antimafia». L’accusa era quella di aver accumulato un debito fiscale di 1,3 milioni di euro, relativo a imposte non pagate. Un maxi-evasore fiscale, dunque. Di qui il provvedimento di confisca dei beni, disposto dal presidente del tribunale di Potenza a maggio del 2021.
Difeso dagli avvocati Donatello Cimadomo e Vittorio De Bonis, l’imputato si è visto riconoscere le sue ragioni dalla Corte di Appello, secondo cui Valluzzi non ha mai acquisito somme di natura illecita o rivenienti da evasione ma, al contrario, le contestazioni sollevate in sede tributaria afferivano esclusivamente a rilievi di natura formale. La Corte d’Appello, inoltre, ha accertato come la famiglia Valluzzi abbia acquisito i beni, tra immobili e quote, con somme lecitamente guadagnate e frutto del proprio lavoro. Al centro della contestazione vi era anche un immobile che è stato acquistato - sottolineano i giudici della Corte d’Appello - ricorrendo a mutuo bancario le cui rate mensili sono state pagate con i proventi documentati rinvenienti mensilmente dall’attività aziendale».
«Abbiamo trascorso un lungo momento difficile - ammette Valluzzi - con l’attività ferma. Il nostro lavoro è stato sempre svolto con onestà ed essere finiti in un’inchiesta ci ha profondamente addolorati. Il tempo è galantuomo restituendo la verità dei fatti e ora - conclude l’imprenditore - riprendiamo il nostro cammino professionale a testa alta».