BASILICATA - Abbiamo in Basilicata l'Osservatorio astronomico che non osserva: è la storia di uno spreco milionario esposto ai venti e alle stelle che stanno a guardare. Costato circa quattro milioni di euro, pensato già dal 1965 e costruito negli anni '90, non funziona da dieci anni. Un occhio potentissimo lanciato verso il firmamento, che è rimasto praticamente «cieco», spento e utilizzato di tanto in tanto come contenitore culturale.
La cupola bianca dell'Osservatorio appare da lontano, come se volesse segnalare la sua presenza. Siamo a Castelgrande, o meglio fuori dal paese con le case arroccate, perché il cupolone sorge in località «Toppo», tra cielo e lande di meravigliosa bellezza. Un cancello, una strada in salita e l'ingresso nella grande struttura nata come un centro di eccellenza, in uno spazio attorniato dal nulla, ottimo quindi per la visibilità del cielo. La calotta contiene il «gioiello» e cioè un telescopio riflettore del diametro di 1,56 metri, il secondo più grande in Italia (il primo è quello di Asiago) e il principale in tutto il Mezzogiorno. Vi si arriva percorrendo le scale interne, tra uffici vuoti e l'unica sala utilizzata per eventi e conferenze al piano terra: in cima, c’è il mausoleo all'inutilità, con evidenti situazioni di degrado nelle aperture delle pareti e in stato d'abbandono. Il silenzio ne fa una cattedrale nel deserto, laddove invece il «deserto» sarebbe una terra di straordinarie potenzialità, come lo è la Lucania, zona di grande interesse naturalistico (e non solo), scelta non a caso per gli studi astronomici, tanto che esistono anche l'osservatorio di Anzi e il centro di geodesia spaziale di Matera. E invece, il destino ha voluto che la storia di questo sito potentino di Castelgrande, fosse creato e poi lasciato a se stesso.
Un peccato. «No, non direi solo un peccato! A chi viene qui per le visite guidate io preciso che non si tratta soltanto di un peccato ma di una vergogna nazionale», dice Sergei Schmalz, uno studioso russo-tedesco che dal 2017 vive a Castelgrande, il paesino dell’Osservatorio in cui lui si è trasferito per lavorare al progetto CastelGauss. Da allora ha preso a cuore la sorte triste di questo centro abbandonato. Gestito dall’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, dall’Istituto Nazionale di Astrofisica-Napoli, in collaborazione con il Comune di Castelgrande, è stato riqualificato nel primo decennio degli anni 2000 con fondi Pon Fesr 2007-13 per attività divulgative didattiche, scientifiche e collaborazioni internazionali e di queste azioni fa parte appunto il progetto CastelGauss. Ma – spiega Sergei – si potrebbe rilanciare la sua attività con lavori di ripristino e soprattutto con il sostegno nazionale: «Un proverbio tedesco dice che “Dove c'è la volontà, c'è la strada” e quindi l'appello va fatto affinché ci siano le volontà. Non è una questione locale, né del Comune né della Regione, serve un'azione a livello nazionale».
Ma perché l'Osservatorio tace? Forse non è utile? I dubbi vengono, osservando questa struttura vuota, con il telescopio meraviglioso, la strumentazione abbandonata, i materiali che sembrano dimenticati. «Ma no, sarebbe molto utile! All'epoca – sottolinea ancora Sergei Schmalz – si sono visti da qui i transienti, oggetti stellari la cui osservazione non è sempre possibile. Oggi sarebbe utilissimo anche in due segmenti di lavoro: uno, quello relativo all'osservazione degli asteroidi potenzialmente pericolosi che incrociano l'orbita della Terra e l'altro, riguardante i lampi gamma e cioè lo studio delle onde gravitazionali, una branca molto importante nell'astrofisica, per comprendere il legame tra le onde gravitazionali e le onde elettromagnetiche».
Ai non addetti ai lavori magari non tutto è chiaro, ma chiunque entri in questo luogo capisce quante volontà (come nel proverbio tedesco!) siano finite nel nulla. L'attuale sindaco di Castelgrande, Francesco Cianci, cerca in ogni modo di far vivere questo luogo. Diversi enti e associazioni si danno da fare per organizzare eventi, convegni, tutte iniziative che servono un po' ad accendere i riflettori e a far aprire i cancelli al pubblico. I visitatori infatti non mancano ed è assurdo che – in tempi di rinnovato interesse per l'astronomia e non solo per la notte delle stelle cadenti! - non si possa far nulla per far tornare in vita il grande e prezioso telescopio. Il russo-tedesco Schmalz, nato in Siberia, vissuto in Russia fino all'età di 16 anni e poi trasferitosi con la famiglia in Germania, ha fatto della Basilicata e di Castelgrande la sua residenza attuale e crede fermamente nelle potenzialità di questo luogo, di cui è un po', insieme a tante altre persone tra dipendenti e appassionati, il «guardiano del faro».
Ci sono le visite guidate, si sono tenuti di recente i quattro giorni di cinema, incontri ed eventi del festival «River South Bank» tra Castelgrande e Pescopagano, con proiezioni di film, documentari, cortometraggi, animazioni ed esperienze in realtà virtuale, oltre a una serie di incontri di divulgazione scientifica, compresa una lectio magistralis dedicata alla realtà virtuale nel cinema a cura del prof. Luciano Gamberini dell’Università di Padova e il documentario Giotto beyond borders di Emilio Dalla Chiesa. Spazio digitale d'arte per sognare lo Spazio, quello vero, quello che l'Osservatorio... avrebbe voluto osservare.