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Potenza, Piro voleva Ferraioli dirigente di Aqp

 
Gianluigi De Vito

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Gianluigi De Vito

La Corte Costituzionale boccia sette leggi della Regione Basilicata

L’inchiesta Dda, l’ex capogruppo Fi risponde al gip, chiesta revoca arresto

Lunedì 10 Ottobre 2022, 12:57

11 Ottobre 2022, 16:57

POTENZA - Non c’è solo la sanità nel «sistema Regione» finito sotto la scure della Direzione distrettuale antimafia. Gli episodi portati alla luce da due anni di indagini di polizia e carabinieri sotto l’egida della procura antimafia e videnziajno un «sistema» all’interno del quale il ruolo da protagonista se lo ritagliava l’ex capogruppo di Forza Italia alla Regione Basilicata, Francesco Piro, 46 anni, imprenditore edile (l’unico finito in carcere e oggi sottoposto all’interrogatorio di garanzia). Piro era in grado di trovare sponde - secondo le accuse - nella giunta regionale di centrodestra e nello stesso governatore lucano, Vito Bardi. Proiettato verso risultati elettorali robusti, Piro si è mosso a tutto campo nella costruzione della lista «Insieme per Maria Di Lascio», in occasione delle comunali dell’ottobre 2020 a Lagonegro, vinte appunto da Di Lascio (agli arresti domiciliari).

Un’ambizione legittima, ma per gli investigatori, coltivata in alcune circostanze non con mezzi leciti. Come nella «tentata concussione», a danno dell’amministratore unico pro-tempore di Acquedotto Lucano, Giandomenico Marchese, a sostegno della candidatura nella lista Di Lascio, di Francesco Ferraioli, figlio di un noto commercialista, tenuto «in grande considerazione da Piro e Di Lascio giacché aveva dimostrato anche nella precedente tornata elettorale per le elezioni amministrative di possedere un considerevole bacino di voti». E come «credito di riconoscenza» a Ferraioli arrivò la nomina nel cda della Casa di Riposo di Maratea, «con la promessa, una volta conclusa la tornata elettorale in favore della Di Lascio, di farlo assurgere al rango di dirigente in seno all’Acquedotto Lucano». La pressione per la promozione a dirigente di Ferraioli si concretizza attraverso na serie di manovre, la più importanate - ricostruiscono i giudici - è quella fatta sull’assessore regionale alle Attività produttive, Francesco Cupparo: «riusciamo a fare un incontro con... il presidente di Acquedotto Lucano...e perché mi deve fare un’ operazione... mi deve fare un servizio...almeno questo lo deve fare... è...funzionario dell’ Acquedotto Lucano...deve fare il dirigente...»

La risposta di Cupparo, trascritta dagli investigatori negli atti, è netta: «va bene...questo lo possiamo...lo possiamo chiamare quando vogliamo....». A Piro che incalza «gli dobbiamo dare la carta “questo devi fare punto” », Cupparo risponde senza mezzi termini: «sì glielo dico davanti a te...più di questo». Era il 17 luglio del 2020. Il 22 luglio, Francesco Ferraioli, già in servizio nell’Aql, svela a Piro che non si sarebbe fatto più nulla perché Marchese non avrebbe potuto procedere alla designazione. La risposta di Piro, ripetuta alcuni giorni dopo, e acquisita agli atti, è feroce: «va beh. Ma Giandomenico ormai è un uomo morto».
Deciso a tentarle tutte, Pirlo il politico, pur di assicurare a Di Lascio l’elezione a sindaco. Anche a scomodare il vescovo della diocesi Tursi Lagonegro, monsignor Vincenzo Orofino, conosciuto per essere uomo attento al territorio e disponibile. Piro deve mantenere fede agli impegni presi con l’arichitetto Benedetto Olivo, assessore comunale e in difficoltà economiche, e con Di Lascio ottiene un appuntamento in Episcopio: la richiesta sarà semplice, un incarico nell’Ufficio tecnico diocesano. Di Lascio, a Piro che le dice: «(il vescovo) deve fare questo piacere», replica: «ci deve fare questo piacere e io mi mettpo sdraiata».

In realtà l’Ufficio tecnico diocesano non stipula contratti di lavoro, ma chiede prestazioni su base volontaria, salvo poi assicurare rimborsi spese. L’incontro evidentemente aveva lasciato uno spiraglio ma che a quanto pare non risolveva il problema immediato dell’architetto in crisi di liquidità: «[...] l’incontro con il vescovo per ottenere l’impiego di Olivo Ufficio Tecnico Edilizia di Culto aveva sortito buon esito perché mons Orofino aveva accettato la loro proposta sebbene sarebbe trascorso almeno un anno».

Piro risponde al gip, chiesta revoca arresto

Ha risposto alle domande del gip, stamani, a Potenza, durante l’interrogatorio di garanzia, Francesco Piro, ex capogruppo di Forza Italia nel consiglio regionale della Basilicata, in carcere da venerdì scorso nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lucano su induzione indebita, corruzione, tentata concussione e altri reati contro la pubblica amministrazione.
Lo ha confermato ai giornalisti, all’uscita dal carcere, il suo avvocato, Sergio Lapenna, che ha chiesto al gip, Antonello Amodeo, l’attenuazione della misura cautelare della detenzione in carcere: «Se la nostra richiesta sarà accolta - ha spiegato Lapenna - non ricorreremo al Tribunale del riesame». La decisione del gip - sempre secondo Lapenna - arriverà entro mercoledì, dopo l’acquisizione del parere del pm, Vincenzo Montemurro, e della sentenza a carico di un accusatore di Piro.
Davanti al gip, Piro ha respinto le accuse e ha spiegato i suoi atti, definendo «solo raccomandazioni» quelli che nell’ordinanza di custodia cautelare sono considerati «atti corruttivi». Secondo Lapenna, Piro - che «sta benissimo anche se è preoccupato per i suoi familiari», ha precisato l’avvocato - aveva fatto una «raccomandazione politica» a favore di un dirigente di Acquedotto Lucano che voleva essere promosso e non ha avuto un ruolo nel tentativo di allontanare dall’incarico l'allora direttore generale dell’azienda ospedaliera «San Carlo" di Potenza. Infine, lo stesso legale ha spiegato che, in un altro caso, una persona poi vicina al presidente della Regione Basilicata aveva chiesto a Piro una tangente per evitare una verifica fiscale.

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