I soldi ci sono, e ce ne sono tanti. Ma la Basilicata non cresce ed arranca sul piano dei servizi. E del pil, laddove per pil s’intenda l’indice kennedyano del benessere e della felicità, non solo un dato economico. Di spesa pubblica e burocrazia, di sviluppo, della visione possibile di una Basilicata migliore, abbiamo parlato con Carmelo Petraglia docente di Economia e Ferdinando Di Carlo, docente di Economia aziendale, entrambi campani, entrambi all’Università della Basilicata, e Giuseppe Romaniello, già direttore generale di Unibas e oggi dirigente del Comune di Potenza.
I fili conduttori
Ospiti nella redazione potentina della Gazzetta del Mezzogiorno, i docenti e il manager ironizzano quando sgraniamo i temi che vogliamo approfondire: «Ma abbiamo di tempo solo questa mattina?». Terreno infinito, quello della spesa pubblica, della sopravvivenza degli enti locali, del Pnrr, del paesaggio. A proposito: ma il Piano paesaggistico regionale il cui gruppo di lavoro è insediato dal 2018, che fine ha fatto? «È in itinere, è un procedimento complesso», spiega Romaniello. Petraglia incalza: «Il rischio è che possa in parte essere già scaduto, l’urgenza della transizione ecologica sta trasformando molti ambiti».
L’impatto di matera 2019
Ma andiamo con ordine. All’incontro in Gazzetta (il primo di un ciclo di approfondimenti con l’aiuto dei docenti ell’Ateneo lucano) avrebbero dovuto partecipare anche altri nomi, tra i quali Mariavaleria Mininni e Ferdinando Mirizzi, impegnati nel meeting «Università e città dopo Matera 2019», in programma proprio a Matera sul ruolo dell’università nelle politiche urbane e culturali. (Del nostro gruppo di approfondimento fa parte anche Marcello Schiattarella). Così, l’impatto che Matera 2019 ha avuto su territorio e comunità entra prepotente nel dialogo con Di Carlo e Petraglia. Quest’ultimo ricorda che gli effetti sull’economia a livello più ampio, che non stavano mancando di manifestarsi sui paesi della cintura materana anche solo per contaminazione, sono stati fortemente limitati anche a causa del Covid e del Lockdown. «C’è stata una bolla di crescita che si è auto alimentata - spiega - e poi, nel momento in cui si cominciava a capire il valore anche economico della cultura, la chiusura e il panico». Romaniello, dal canto suo, sottolinea anche la diversa composizione (e probabilmente la diversa anima) del Comitato e della Fondazione Matera 2019, che ha finito di amplificare la cesura tra due dinamiche territoriali, quella potentina e quella materana.
Distanze e campanili
Inevitabile il richiamo alla «distanza», con quel territorio potentino così difficile da raggiungere e viceversa Matera a 40 minuti di macchina dall’aeroporto internazionale di Bari. «Non solo la distanza - commenta Petraglia - anche a livello culturale, identitario, Potenza e Matera sono sempre state attratte rispettivamente da Campania e Puglia».
E l’aeroporto?
Ma avere un aeroporto lucano servirebbe ad accorciare quelle distanze, almeno da un punto di vista geografico? No! Tutti d’accordo i nostri ospiti. «È una scelta provinciale e antieconomica», dice Di Carlo. Ma la Regione vuole a tutti i costi rilanciare l’aviosuperficie di Pisticci... «Comunque una scelta discutibile, figlia di una certa tendenza autonomistica. E utopistica».
I fondi pubblici Dicevamo: abbiamo un fiume di soldi pubblici ma non andiamo avanti. Anzi, la sensazione talvolta è che si torni indietro. Quindi non sappiamo spendere? Colpa della classe dirigente? Lettura semplicistica.
Carmelo Petraglia: «Il tema della spesa aggiuntiva che va ad accompagnare la spesa ordinaria è un tema grosso. E una certa inefficienza nell’uso dei fondi è comune a tutto il Sud, non è un problema lucano, voglio dire. Se la spesa ordinaria si è rivelata inadeguata, in molti casi ha fallito anche quella aggiuntiva».
Comuni troppo piccoli
Ferdinando Di Carlo riflette da un’altra visuale: «Quella famosa spesa è affidata a enti locali senza organici, che inevitabilmente avranno grossi problemi a programmare. Pensiamo che sui 131 Comuni lucani una ventina sono sulla soglia dei 500 abitanti. E con i Fondi del Pnrr sarà anche peggio, perché la capacità di spesa dei fondi pubblici è proporzionale alla capacità di fare progetti». Eloquente l’esempio in arrivo dalla Campania: in un grosso centro il dirigente che dovrebbe fare i progetti propedeutici all’impiego dei fondi del Pnrr è il capo dei vigili urbani! «D’altronde a Potenza sono stati assunti a tempo 6 professionisti - ricorda Giuseppe Romaniello - per implementare la capacità progettuale».
Una sbornia di finanziamenti pubblici
Complessa la tessitura. Come armonizzare i Fondi strutturali, quelli del Fondo sviluppo e coesione, le royalty delle estrazioni (canale di finanziamento squisitamente lucano) e anche il Pnrr? Di Carlo e Petraglia mettono innanzitutto in guardia sul funzionamento della burocrazia europea e sulla capacità di dialogo con la burocrazia italiana perché il rischio - paradossale - è che si finanzino le stesse cose! E poi: i fondi strutturali 21/27 sono ancora in fase di programmazione, i fondi 14/20 non sono ancora stati spesi. C’è un problema drammatico di personale. Lo spreco è in un sistema perverso che ha preso il via almeno dal 2008, con la necessità di contenere i conti pubblici che - utilizzando uno slogan - potremmo riassumere in «non più risorse umane, ma più risorse».
Il petrolio
Oltre alla copiosa messe di finanziamenti pubblici la Basilicata ha potuto contare in questi anni anche sulle royalty del petrolio. «Un caso unico tra le regioni non a statuto speciale - ha sottolineato Di Carlo - visto che può contare anche su risorse proprie».
Anche qui, però, non sono mancate forti critiche sull’entità, sull’uso e soprattutto sui frutti derivati dalle concessioni petrolifere. «Le amministrazioni passate - dice lapidario Di Carlo - si sono accontentate di misure compensative che sono più popolari e su questo anche l’Università non si è mossa in maniera autorevole».
Un po’ di sano meridionalismo
Il meridionalismo è un’arma a doppio taglio. Da una parte rivendicazionismo, dall’altra alibi, in mezzo qualcuno che usa la clava del meridionalismo per propaganda. Ma c’è un dato oggettivo. Lo rilevano insieme gli economisti e il manager nel corso del nostro incontro. Eni e Stellantis (già Fiat) finanziano borse di studio nelle Università del Nord. Hanno qui solo il livello operativo. Non hanno mai insediato Centri ricerche. Al di là della (cruda, nuda) creazione di posti di lavoro, non si è consolidata una cultura, non si è costruito un sentimento. Non si è riusciti ad andare oltre. Colpa delle Multinazionali proiettate su un altrove che non è la Basilicata (e spesso non è il Mezzogiorno). E qui ci fermiamo a una lettura meridionalistica. Allargando il campo, la colpa è probabilmente anche del mancato dialogo tra istituzioni, Regione Basilicata e Università di Basilicata in primis.
Senza visione
«L’Università non si è mossa in modo organico» la risposta low profile dei docenti. Lo diciamo noi: è mancata una regia unica, una volontà. «Manca tuttora una visione condivisa - commenta Romaniello - manca la condivisione istituzionale degli obiettivi di media-lunga distanza». In sintesi: le istituzioni del territorio hanno traguardi diversi e metodi diversi per raggiungere quei traguardi. Se non si comincia a guardare tutti verso lo stesso orizzonte, a sentire quell’orizzonte e a capire come arrivarci insieme, il tema delle tante risorse sprecate diventerà il leit motiv del popolo lucano. E la sua condanna.
Laboratorio
Teste pensanti, buona volontà e l’intensa suggestione di cosa fare realmente di questa terra magnifica. Gli ostacoli? La burocrazia, innanzitutto, lo strabismo degli enti locali, una classe dirigente non sempre all’altezza delle sfide. La «Gazzetta» intende continuare a indagare, a interrogare e a interrogarsi sul futuro. Lo farà con la sponda di anime e cervelli che in questo territorio hanno scelto di vivere, di rimanere o di tornare. Il nostro piccolo «laboratorio» è aperto.