POTENZA - Indebitati e a rischio di usura. È il dramma di tanti lucani stretti nella morsa delle crisi economica che la pandemia e le restrizioni hanno pesantemente accentuato. Famiglie, cittadini, ma soprattutto imprese sono sempre più esposte al rischio di usura. Parlano i numeri dell’Ufficio Studi Confcommercio in Italia e al Sud. Almeno 30 mila imprese del commercio, della ristorazione e della ricettività sono a rischio di usura. L’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi quasi 31 miliardi di euro e mette a rischio circa 200 mila posti di lavoro. La perdita annua in termini di fatturato e di valore aggiunto è pari al 6,3%. Sono alcuni dei numeri dell’indagine che Confcommercio, nella nona edizione della Giornata «Legalità, ci piace», ha voluto porre all’attenzione per far emergere quelle situazioni «grigie», nonché le condizioni che determinano l’esposizione al rischio usura.
Risultati «preoccupanti», perché, anche se l’indagine è stata svolta per macro-aree, e in tal caso l’ambito è il Sud, ha ribadito Fausto De Mare, presidente Confcommercio Potenza, «il rischio dell’usura e della illegalità è molto forte anche da noi. Del resto il recente rapporto della Dia Basilicata ha acceso un campanello d’allarme che il rapporto di Confcommercio conferma attraverso il ‘sentiment’ degli operatori di settore direttamente esposti». Una situazione drammatica acuita dall’emergenza sanitaria e dalle restrizioni a essa collegate. «La pandemia - ha aggiunto De Mare - ha colpito duramente le imprese del terziario di mercato che stanno vivendo una crisi senza precedenti, la più drammatica dal dopoguerra ad oggi. Imprese, soprattutto quelle più deboli e meno strutturate, che tra i principali problemi indicano la mancanza di liquidità, la perdita di fatturato e le complicazioni burocratiche».
Ma tra gli effetti del Covid ci sono anche «i fenomeni criminali che possono approfittare della crisi internazionale che si è abbattuta specie in termini di costi cresciuti dall’inizio dell’anno sulle pmi e il calo dei consumi ad incidere maggiormente. Tutti fattori che messi insieme determinano uno scenario da tenere sotto stretta osservazione». Nel Sud e nelle isole le imprese del terziario di mercato che percepiscono un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2021 sono il 16,6%, mentre la media nazionale si attesta intorno all’11,8%. L’usura è il fenomeno criminale percepito in maggior crescita dagli imprenditori del terziario di mercato (per il 30%). Anche in questo caso il dato è superiore alla media nazionale pari al 27%. ll racket è in crescita per il 22% delle imprese (21% media nazionale). Ma in generale, nel Sud l’andamento di tutti i fenomeni criminali rilevati risulta in maggior crescita rispetto alla media nazionale. L’8,3% degli imprenditori ha avuto notizia diretta di fenomeni di usura o estorsione nella propria zona di attività (11% in Italia). La percentuale di imprenditori che sono molto preoccupati per il rischio di esposizione a fenomeni di usura e racket nella zona in cui operano è del 19,1% (17,7%).
Di fronte a fenomeni di usura e racket il 66,7% delle imprese del Sud ritiene che si dovrebbe denunciare (58,4% media nazionale) e il 41% dichiara che non saprebbe cosa fare (33,6%). Il 20% delle imprese del Sud ritiene che nell’ultimo biennio la qualità della vita nel centro urbano sia peggiorata, il 45,3% degli imprenditori del Sud ritiene degradati i centri di piccole dimensioni (meno di 10 mila abitanti). Rispetto ai centri più grandi (oltre 10mila abitanti), il 54% delle imprese del Sud considera degradate le periferie e il 33,3% giudica degradati i centri storici. In Italia ci sono 6.697 comuni con meno di 10mila abitanti, vi risiedono 18.042.219 abitanti. Il 10,3% delle imprese del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2021. «I fenomeni illegali: contraffazione, abusivismo, pirateria, estorsioni, usura, infiltrazioni della criminalità organizzata, furti, rapine, taccheggio, corruzione - ha evidenziato De Mare - alterano la concorrenza, comportano la perdita di fiducia degli operatori e la diminuzione degli investimenti. Questi fenomeni impattano pesantemente sul sistema economico-sociale, fanno chiudere le imprese oneste, perdere posti di lavoro, non tutelano i consumatori, riducono la sicurezza pubblica e naturalmente alimentano la criminalità organizzata».