POTENZA - Con quali e quanti nomi era conosciuta Acerenza nell’antichità? Domanda a cui, da tempo, sta cercando di dare risposta Michele Di Pietro, l’Indiana Jones lucano, come è oramai conosciuto l’infaticabile «storico fai da te», cittadino benemerito della ridente cittadina nell’area Nord della Basilicata, non lontano dal confine con la Puglia. Achirenza, Aqueruntia, Cerena e Cerintiae: si aggiungono altri 4 toponimi al suo già ampio, ampissimo elenco. Toponimi e non solo: tra le sue più recenti ricerche spunta anche uno pseudonimo di cui scrive Marco Tullio Cicerone. L’ultima volta che ce ne siamo occupati, in un articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno il 9 maggio 2015, avevamo riferito di 109 nomi.
Ma, da allora ad oggi, Michele Di Pietro è arrivato a catalogarne ben 170. «Oltre a questi ultimi 4 toponimi posso annunciare con soddisfazione - rivela Michele Di Pietro - di aver trovato anche traccia di uno pseudonimo, «la Roccia», con cui era chiamata Acerenza: «Saxa Acronoma». Ne parla Cicerone nell’Epistola DCXXIV ad Attico. «Saxa» sta per «roccia» appellativo rimasto d’altronde nella forma dialettale «la Rocc» a indicare la parte più alta, lo sperone roccioso dove sorgeva l’antico castello di Acerenza, di cui oggi resta solo una parte di una torre inglobata nel palazzo arcivescovile, sede del Museo diocesano d’Arte sacra. «Acronoma» sta per posto sconosciuto nella bassa Italia che tanto la nota quanto l’Index geographicus et historicus sul lessico ciceroniano riconducono a «Saxa Acherontia» - di cui riferisce Pierre Pithou, avvocato e studioso francese del Cinquecento, anche conosciuto come Petrus Pithoeus – e dunque ad «Acherontia urbs Apuliae» che si richiama giustamente a Orazio: «Pithoeus in margine libri sui scripsit Saxa Acherontia, quod, sive ex ingenio, sive ex libro est, non absurdum puto. Nam Acherontia urbs Apuliae in alto saxo jacebat, unde nidum Acherontiae appellat Horatius». Cioè, tradotto: «Piteo in margine al suo libro ha scritto Saxa Acherontia, la qual cosa, o per intuizione o per averla letta da un libro, non reputo assurda. Infatti Acherontia città di Apulia giaceva su un’alta roccia, da cui Orazio la chiama nido di Acherontia”».
Un lavoro di ricerca che va avanti da oltre 50 anni tra libri antichi in diverse lingue, dizionari in latino e greco, cartine geografiche. Uno studio appassionato iniziato da quando Michele Di Piero frequentava la quarta elementare. Un file Excel prezioso, in ordine alfabetico, con indicazione puntuale della fonte: fonte antica, se non antichissima o mitologica. Si comincia dalla lettera A, dunque, con: Acarentia, Accerenza, Acerensa, Acerentia, Acerenzia, Acerontia, Acerunta, Aceruntia, Acharontia, Achere, Acherentia, Acherondia, Acheronta, Acheronza, Acirenza, Aggerentia, Akerentza, Aqueroncia, Acherantia. Si continua con la C: Cerenzia, Cerentia, Cirenza. Con la G: Gerunium, Geruntia, Gilentia. Solo per citare qualche esempio. Fino alle più recenti integrazioni, appunto, dal 167esimo al 170esimo nome. «Il riferimento ad “Achirenza” è in un testo in inglese “An introduction to geography both ancient and modern, comprised in sixe books” di Philip Cluverius, Oxford, 1657, dove c’è la conferma anche per “Acherantia”, già catalogato in precedenza. Ad “Aqueruntia” in un testo in spagnolo “Omaggio a Pedro Sáinz Rodríguez”, a cura della Fondazione universitaria spagnola, 1986. Per «Cerena» e «Cerintiae», infine, il riferimento congiunto è - conclude Di Pietro - nel vocabolario italiano-latino compilato dall’abate Giuseppe Pasini, Venezia, 1819».