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Pino Perciante
25 Novembre 2019
MARATEA - Burocrazia cieca e sorda, forse anche depistante di fronte ad un’invalida celiaca a cui per quattro mesi vengono negati gli alimenti senza glutine che le devono essere forniti obbligatoriamente. E dopo il primo anno la pratica si blocca di nuovo. Un caso esemplare per il tribunale dei diritti del malato quello capitato a Lina (nome di fantasia), 36 anni, di Maratea. «Mia figlia è gravemente malata – racconta il padre in una lettera inviata alla Gazzetta - oltre ad essere celiaca soffre di altre patologie che non le permettono di stare in piedi per molto tempo e le creano difficolta a parlare, tanto che io e mia moglie siamo stati nominati suoi tutori dal tribunale».
A dicembre del 2017 arriva la comunicazione dell’Azienda sanitaria che Lina è destinataria della card prepagata per l’acquisto dei cibi gluten free. A ritirala, pochi giorni dopo, nella filiale di Lagonegro di un istituto bancario appositamente convenzionato va il padre. E qui comincia l’inferno. «Visto che la carta è a nome di mia figlia – racconta il papà di Lina – volevo allegare alla pratica copia della sentenza relativa alla presenza dei tutori, ma il direttore, malgrado la mia insistenza , ha risposto che era superfluo». Il papà di Lina, pur restando contrariato , firma tutti i moduli necessari e ritira la carta che poi dovrà essere attivata chiamando un numero verde. «Quando, però, dopo qualche giorno abbiamo telefonato al numero verde – continua a raccontare il papà di Lina – abbiamo scoperto che la carta poteva essere attivata solo su richiesta di mia figlia. Nessun altro al suo posto avrebbe potuto farlo perché la documentazione risultava carente, nella fattispecie non conteneva il documento che attestasse l’esistenza di eventuali tutori, e cioè proprio quello che io volevo includere ma che il direttore dell’istituto di credito aveva ritenuto non fosse necessario».
Facile immaginare la rabbia per il papà di Lina. Quella che sembrava essere una pratica di routine , si dimostra ben più ardua del previsto. Nelle due pagine della lettera il papà di Lina descrive nel dettaglio tutte le disavventure. «Vado di nuovo in banca, ma mi viene detto che non è possibile trasmettere il decreto del giudice tutelare. Addirittura, mi suggeriscono di far telefonare un’altra persona che si spacciasse per mia figlia malata. Una cosa assurda».
Come è finita? Finalmente, dopo quattro mesi e tanti rimbalzi tra la filiale dell’istituto di credito e gli uffici dell’Azienda sanitaria di Lagonegro e Lauria i familiari di Lina riescono ad avere una nuova prepagata, questa volta intestata a mamma della ragazza, in qualità di tutrice. Per un anno tutto sembra andare bene. Poi, nello scorso mese di luglio un nuovo intoppo. «Questa volta – è sempre il papà di Lina che parla - si sarebbe verificato un problema di allineamento dei dati. Invio una pec in banca, ma non ci rispondono. A quel punto ci siamo rivolti ad un legale e solo qualche settimana fa, dopo numerose telefonate al numero di assistenza del gestore della card e una telefonata all’istituto di credito per spiegare la procedura da seguire per sbloccare la situazione, abbiamo avuto finalmente l’accesso all’estratto conto». Ma la via crucis non è terminata. «La somma è stata accreditata ma non è quella giusta perché è stata calcolata sull’età di mia moglie e non su quella di mia figlia malata». Morale della favola: se l’Asp per prima avesse comunicato alla banca che la ragazza celiaca ha un tutore o se il direttore della filiale dell’istituto di credito avesse allegato alla pratica il decreto del giudice tutelare, tutto questo trambusto non si sarebbe verificato. «Abbiamo interessato della questione anche il presidente dell’Aic di Basilicata», ha concluso il papà di Lina.
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