Da quarant’anni aspetta una parte dell’eredità lasciata dal padre. Ma la sua legittima richiesta si è persa nei meandri di una giustizia italiana che procede a rilento, rinvia udienze e sentenze e trascina storie familiari in un pantano da cui è difficile riemergere.
La vicenda di cui ci occupiamo oggi riguarda gli eredi di Gaetano Guarino, titolare negli anni ‘60 della più grande impresa edile della Basilicata. Era un imprenditore tra i più ricchi, fatturava milioni e milioni di vecchie lire e rappresentava un tassello importante nello scacchiere economico di Potenza e dell’intera regione. Dal 1981, quando è deceduto, è cominciata una contesa per la sua cospicua eredità, complicata dal fatto che l’imprenditore, sposato e con prole, aveva avuto, nel frattempo, figli da altre due donne. Uno di questi è Quintino Guarino che ci racconta una storia di ordinaria lentezza giudiziaria. Solo per definire la divisione dei beni tra i vari eredi ci sono voluti 32 anni, dal 1981 al 2013, tra «palleggiamenti» di carte da un ufficio all’altro, una ventina di giudici che si sono alternati sulla causa e innumerevoli rinvii.
«Alla fine il tribunale - racconta Quintino - ha indicato le somme in contanti che dovevano darci i figli della moglie di nostro padre, scomparsa in quegli anni, ma l’intero patrimonio è risultato depauperato. Due miliardi delle vecchie lire «evaporati». È rimasto solo un immobile, una villa nel rione San Rocco, a Potenza, tra l’altro malandata perché da anni senza manutenzione». Di qui l’azione legale proprio sull’edificio «superstite» su cui, tra l’altro, grava una ipoteca dell’ex Cassa di Risparmio. Più si va avanti e più il debito aumenta, di pari passo con le crepe di una villa che sta letteralmente cadendo a pezzi. «La rassegnazione - sottolinea Quintino - sta prendendo il sopravvento. Spero ovviamente di sbagliarmi, ma credo proprio che non prenderemo un euro. Io e i miei fratelli non viviamo in una condizione economica ottimale e la parte di eredità che ci tocca, relativa all’ipotesi di vendita della villa e quantificabile in circa 50mila euro, ci avrebbe fatto comodo. Ma si continua a perdere tempo. Basta dire che nell’ultima udienza è stata cambiata la giudice per la vendita della villa e tutto è stato rinviato a novembre».
Il sistema giudiziario è abbonato ai tempi «biblici»: alla lentezza dei processi - spesso determinata dal concentramento di fascicoli in un’unica udienza e dal cambio dei collegi giudicanti - si uniscono i ritardi nel pagamento delle spettanze professionali agli avvocati (nonostante la tempestiva richiesta di liquidazione, spesso i compensi arrivano a distanza di molti mesi dalla chiusura della fase processuale) e dei decreti ingiuntivi, andando così a compromettere le ragioni del creditore. E, nel caso di Quintino, di un erede che da quarant’anni attende ciò che gli spetta di diritto.