Maledetto testamento. Perché è proprio un lascito a costare una condanna a un anno e quattro mesi per falso a un giudice togato onorario lucano in servizio a Potenza che pure di queste vicende è abbastanza esperto anche in virtù della una formazione notarile.
Al centro del caso un testamento olografo, vale a dire quelli che ciascuno può fare nel segreto più totale e in autonomia scrivendo di proprio pugno (e precisamente a mano) le proprie volontà testamentarie. Ovviamente, in questi documenti è fondamentale la data apposta sul documento stesso perché in caso di più disposizioni testamentarie quella valida è l’ultima.
E veniamo al nostro caso. Al giudice potentino muore un lontano parente che viveva in provincia di Salerno. Il defunto aveva un amico che, in virtù di precedenti vicende, si ritiene erede dello scomparso. Ma a un certo punto spunta un testamento olografo che taglia la testa al toro: è lo stesso scomparso a nominare come erede il suo lontano parente, tagliando quindi definitivamente le pretese dell’amico.
Caso chiuso? Tutt’altro. Perché l’amico del defunto non ci crede e trascina in tribunale il parente, ossia il nostro giudice, accusandolo di aver fatto lui stesso quel testamento olografo di essersi introdotto in casa del parente e di averlo lasciato in modo tale che poi fosse ritrovato.
Nasce così il procedimento giudiziario per il togato lucano nel quale è accusato di tre reati, vale a dire falso, esercizio arbitrario delle proprie ragioni e violazione di domicilio. Ma quando martedì si è giunti alla conclusione del processo di primo grado, il giudice lucano è stato condannato solamente per la prima ipotesi di reato mentre è stato assolto dalle altre. Una piccola consolazione, considerato che, però, il Tribunale gli ha lo stesso inflitto una pena superiore a quella che era stata chiesta dal pubblico ministero.
Una sentenza ancora non definitiva e che, con ogni probabilità, sarà appellata e che, comunque, non riguarda il merito del procedimento civile sulla vicenda dall'eredità.