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Il titolare della Farnesina, alla seconda missione a Beirut in meno di un mese, ha incontrato numerosi rappresentati delle istituzioni e del mondo politico libanese, inclusi quelli di Hezbollah. «Ci sono elementi positivi», ha sostenuto D'alema, a partire della definizione di una lista di sette nomi preparata dal patriarca cristiano-maronita Nasrallah Boutros Sfeir.
Un elenco nel quale il ministro ha individuato un «problema»: la posizione «molto rigida» del generale Aoun (l'unico candidato filosiriano) sul cammino dell'accordo. «Il generale ritiene di essere il candidato in grado di unire il Paese» ha aggiunto D'Alema, «ma allo stato, come osservatore, non mi sembra che sia così».
D'Alema ha poi fatto ironia con un parallelo non esplicito tra il leader della Cdl, Silvio Berlusconi, e Aoun che «dice di avere dalla sua i sondaggi». «Ho avuto un'immagine ma poi l'ho subito allontanata da me» ha detto. Secondo il capo della Farnesina bisogna «ricercare una candidatura che non abbia solo il sostegno di una parte, ma possa incontrare anche quella dell'altra e sotto questo profilo non mi pare che il generale Aoun risponda a queste caratteristiche».
D'Alema si è quindi concentrato sull'impegno mostrato dal cardinale Sfeir, il quale ha indicato una rosa di sette nomi. Tra questi due sono espressione della maggioranza antisiriana (Nassib Lahoud e Butros Harb); uno (il generale Aoun) è vicino a Damasco e quattro sono indipendenti: Robert Ghanem, Jospeh Tarabay, Damianos Kattar e Michel Edde. Proprio su quest'ultimo, governatore della Banca centrale libanese, si stanno concentrando le maggiori attenzioni.
«La lista comprende personalità che vengono stimate da una parte e dall'altra» ha sottolineato il capo della diplomazia italiana. Saad Hariri (capo della maggioranza al Parlamento) e Nabih Berri (sciita filosiriano capo dell'Assemblea nazionale) «hanno detto che è possibile trovare un accordo su una delle personalità, anche se non so se tutte e due pensino alla stessa. Tuttavia nell'ambito di questa lista, ci sono gli ingredienti. Ma poi, naturalmente, la maionese può impazzire lo stesso».
Secondo il ministro maggiori chances potrebbero averle proprio «i candidati indipendenti che sono nelle lista del patriarca».
Nell'ambasciata italiana il ministro ha incontrato gli esponenti di Hezbollah - «così come altre forze politiche», ha sottolineato, memore del caso creato dalla passeggiata tra le macerie dei bombardamenti israeliani dell'estate 2006 al fianco di due deputati del "Partito di Dio".
«Bisogna capire sino a che punto il presidente del Parlamento (Berri) nel suo sforo di mediazione abbia il sostegno della principale componente politica del mondo sciita» ha detto D'Alema, «è importante capire naturalmente cosa pensa la principale forza dell'opposizione. Il lavoro fatto avvicina molto il Libano a un possibile accordo. Sono state proposte personalità significative. La possibilità di un'intesa c'è e continua a passare dall'accordo tra i leader delle due grandi comunità islamiche. Una volta definito da parte del patriarca - che è la massima autorità spirituale - un elenco di candidati cristiani è ragionevole che le due comunità musulmane possano individuare la personalità accettabile. O le personalità accettabili. Su questo il Parlamento si potrebbe riunire e votare».
«Qui si lavora in zona Cesarini», ha scherzato, per poi aggiungere che se il 21 il Parlamento non dovesse riuscire a trovare una soluzione, lui, il francese Bernard Kouchner e lo spagnolo Miguel Angel Moratisnos, sono pronti a tornare prima della deadline» del 24 novembre: la scandenza del mandato del presidente Lahoud.
Giuseppe Santulli