Dopo le elezioni regionali, che nel Salento hanno lasciato inalterati i rapporti di forza della politica locale, con l’elezione di quasi tutti gli uscenti, il centrodestra prova a prendersi la Provincia, consapevole del possibile vantaggio dovuto al governo della città di Lecce e di Nardò, i comuni più popolosi. È da qui che parte una lunga e complessa partita che intreccia le elezioni provinciali con le amministrative, le seconde potenzialmente da accorpare a marzo, insieme al referendum, trasformando la primavera in un vero banco di prova per coalizioni ancora alla ricerca di un equilibrio.
Dopo dieci anni di governo targato Stefano Minerva, il centrosinistra vive una fase di evidente affanno: la successione alla guida della Provincia si somma alle difficoltà nei comuni più rilevanti chiamati al voto, con Gallipoli come epicentro di una crisi politica che appare tutt’altro che risolta. Anche a Monteroni, Casarano e Calimera il cosiddetto campo largo fatica a trovare una linea comune, mentre il centrodestra, pur più compatto sul piano provinciale, mostra crepe significative soprattutto a Maglie, dove la competizione si annuncia frammentata.
Sulla partita provinciale il centrodestra ha accelerato, costringendo il presidente reggente Fabio Tarantino (possibile candidato del centrosinistra), con un ricorso al Tar, a indire le elezioni per il primo febbraio. Ma l’unità è ancora tutta da costruire. I tavoli politici, riuniti a più riprese (l’ultimo sabato mattina), non hanno prodotto una sintesi e i nomi in campo restano numerosi: Adriana Poli Bortone, Silvano Macculi, Francesco Bruni e Antonio De Donno, con i primi due considerati al momento i più accreditati. Alla riunione allargata ai civici di Puglia Popolare e Io Sud hanno partecipato, tra gli altri, i consiglieri regionali Paolo Pagliaro (FdI), Gianni De Blasi (Lega), Pippi Mellone (dirigente leghista e sindaco di Nardò) e Saverio Congedo (deputato di FdI), con la consapevolezza diffusa che solo una candidatura condivisa può consentire al centrodestra di sfruttare il peso elettorale di Lecce e Nardò.
Il centrosinistra, dal canto suo, continua a sperare in una soluzione unitaria, ma il tempo stringe.
Sul fronte delle amministrative il quadro è altrettanto mosso. A Maglie il centrodestra arriva diviso: il sindaco uscente Ernesto Toma, sostenuto da Fratelli d’Italia, cerca il terzo mandato, ma deve fare i conti con la candidatura autonoma dell’ex assessore Antonio Fitto, appoggiato dalla Lega (anche lui mira a diventare per la terza volta sindaco). A complicare ulteriormente lo scenario ci sono Marcella Marzano, vicina all’area forzista di Andrea Caroppo, e Sara De Pascalis, scelta dal Partito democratico e sostenuta da una proposta civica di centrosinistra, insieme al movimento Maje Noscia.
A Casarano il Pd prova a rilanciarsi con Marco Nuzzo (segretario cittadino del Pd) contro il sindaco uscente Ottavio De Nuzzo, forte di una coalizione civica di centrodestra, con Fratelli d’Italia. A Calimera, invece, la rottura nella maggioranza uscente ha aperto scenari inediti: il vicesindaco Giuseppe Mattei, sostenuto da Brizio Maggiore, sfida il suo alleato, il sindaco del centrosinistra Gianluca Tommasi, mentre Puglia Popolare spinge sul nome di Luigi Mazzei e torna in campo persino Bernardo Monticelli Cuggiò, attuale presidente del Consiglio di Lecce, pronto a giocare un ruolo nell’area di centrodestra. A Monteroni, infine, la sindaca uscente Mariolina Pizzuto, espressione di Io Sud, resta al momento il punto più solido nel centrodestra, in un quadro incerto, soprattutto nel centrosinistra.
Ma è Gallipoli a raccontare meglio di ogni altro luogo la crisi del centrosinistra salentino. Il dopo Minerva ha prodotto una vera corsa di possibili candidati: Angelo Mita, Giuseppe Coppola, Fernando Nazzaro, Tony Piteo, Riccardo Cuppone (questi ultimi due già vicesindaci), con l’ipotesi non esclusa di un ritorno dell’ex sindaco Flavio Fasano. Una moltiplicazione di nomi che rende difficile qualsiasi sintesi e che ha spinto lo stesso Minerva a tentare una ricomposizione. Un tentativo che fotografa una stagione di passaggio segnata più da divisioni e regolamenti di conti che da una visione condivisa, mentre il calendario elettorale incombe.















