Pochi giovani e tanti capelli bianchi, nei piccoli paesini salentini. La palma di questo fenomeno spetta a Castro con 387,4 anziani ogni 100 giovani: in otto anni l’indice di vecchiaia è aumentato di 16 punti. Segue, a stretto giro, Diso con 380,6 anziani ogni 100 giovani e un aumento in 8 anni (2014-2022) di ben 59,2 punti. Morciano di Leuca ha visto aumentare il numero degli anziani di 90,4 punti: da 255,7 è passata a 346,1. Ortelle sempre più «imbiancata» con 337,5 contro i 236,3 del 2014, quindi con un aumento degli over 65 di 101,2 punti. Salve era a quota 256,2 ed è passata a 321,5 determinando una forbice di 65,3 punti in più. Collepasso ha visto crescere l’indice di vecchiaia di 101, 6 punti: da 218 del 2014 a 319,6 del 2024. Guagnano è al 303,5 contro i 262,3 del 2014.
Lecce è più “giovane” con 215,8 anziani ogni 100 giovani ed è anche quella che ha visto una crescita molto più contenuta dell’indice di invecchiamento: in 8 anni 25,3. Sta di fatto che per ogni giovane ci sono più di due anziani.
In occasione della festa dei nonni che si è celebrata ieri, Openpolis ha elaborato un’indagine sull’invecchiamento della popolazione che mostra come il fenomeno sia più sentito nei piccoli comuni delle aree interne. Nel report “Lo squilibrio demografico mina il rapporto tra generazioni” Openpolis spiega: «Venti anni fa, nel 2005, una legge dello stato ha istituito il 2 ottobre come festa nazionale dei nonni. Una giornata introdotta per celebrare il ruolo svolto dagli anziani all’interno delle famiglie e della società. In effetti, il ruolo delle persone anziane e dei nonni è diventato spesso cruciale in termini di contributo alla conciliazione della vita familiare. Questi infatti spesso suppliscono a carenze di lungo periodo del nostro welfare. Ciò è particolarmente vero oggi, in un contesto dove stanno radicalmente cambiando gli equilibri tra generazioni, sia in termini demografici che economici. Abbiamo approfondito l’impatto della transizione demografica nel rapporto tra bambini e anziani, anche a livello territoriale. Il rischio da scongiurare è che in un paese con sempre meno minori, anche la loro condizione perda priorità nel dibattito pubblico e nelle politiche nazionali e locali. Questo squilibrio demografico crescente inoltre solleva anche interrogativi sulla tenuta del sistema previdenziale, la cui sostenibilità nel lungo periodo rischia di essere compromessa, con conseguenze che riguardano l’intera società, se non verranno posti in essere interventi mirati».
La fondazione Openpolis considera l’aumento del numero di anziani figlio di due fenomeni: l’aumento dell’aspettativa di vita che nel 2005, per una persona giunta ai 65 anni d’età, era inferiore a 20 anni (19,3 anni di media), mentre nel 2024 è passato a una media di 21,2 anni, e la denatalità.
L’ovvia conclusione è un rapporto tra generazioni sempre più squilibrato. Nel 2005 vivevano in Italia circa 10 milioni di minori, pari al 17 per cento della popolazione; tra questi 8,2 milioni di infra-quattordicenni. Le generazioni sopra i 65 anni rappresentavano circa un quinto della popolazione (19,5%), ovvero 11,3 milioni di persone.
I dieci capoluoghi con l’indice di vecchiaia più basso sono, in ordine crescente: Andria (134,9 anziani ogni 100 bambini sotto i 14 anni), Crotone (143,9), Barletta (151,7), Napoli (152,6), Reggio Emilia (156,1), Palermo (159,1), Catania (161,7), Trani (162,1), Latina (164,8) e Prato (165,5). Dati che evidenziano una maggiore presenza di giovani rispetto agli anziani in queste città, con la pugliese Andria che si distingue per il valore più basso.