LECCE - Beffa in primo grado, di fronte al Tar della Lombardia, per due docenti leccesi: il consulente sindacale aveva inserito la sigla della loro classe di concorso di origine sugli anni di scuola fatti e non quella di sostegno alla quale stavano partecipando. In questo caso non ci si può appellare al soccorso istruttorio, secondo i giudici amministrativi. Persa l’occasione della vita: da vincitori a semplici idonei.
I giudici amministrativi non perdonano gli errori materiali nelle domande di partecipazione ai concorsi della scuola. La giurisprudenza è ormai orientata in questo senso. Gli ultimi a subire le conseguenze di uno sbaglio di sigla della classe di concorso sono due docenti salentini, che si sono fidati di un consulente sindacale che li ha aiutati a compilare le domande. Avrebbero potuto mettersi alle spalle il precariato, dopo anni di insegnamento al nord, con il recente concorso che lo Stato ha bandito con i fondi del Pnrr, ma sono stati beffati da una sigla errata. L’orientamento della giurisprudenza è verso un formalismo impietoso: chi commette errori nel compilare la domanda per la partecipazione al concorso non può appellarsi al “soccorso istruttorio”. Il Tar Lombardia (Sezione Quinta), presidente Daniele Dongiovanni, estensore Concetta Plantamura con un’ordinanza ha respinto la richiesta dei due docenti leccesi. I protagonisti di questo disastro esistenziale, dopo essere risultati idonei al concorso, non hanno ottenuto il riconoscimento degli anni di scuola effettivamente svolti sul sostegno perché il consulente sindacale ha inserito per ogni anno dichiarato la sigla della classe di concorso da cui provenivano e non quella per la quale stavano partecipando al concorso (Adss, sostegno). Una svista che li ha fatti retrocedere dai primi posti: sono stati scavalcati da partecipanti al concorso che avevano molti meno punti di loro, ma che risultavano “triennalisti” (con almeno 3 anni di insegnamento del sostegno). A nulla sono valse decine di pec dei due docenti per spiegare alla commissione che gli anni che avevano dichiarato erano stati svolti proprio come docenti di sostegno e che quindi anche loro avevano diritto a essere considerati “triennalisti”. Quando l’errore dipende da chi partecipa al concorso, la commissione d’esame se ne lava le mani: i due professori della scuola secondaria di secondo grado sono stati considerati come concorrenti che non hanno mai insegnato sostegno a scuola, pur avendolo fatto per 5 anni di seguito.
“Per la giurisprudenza costante il soccorso istruttorio non è attivabile allorché il privato abbia commesso un evidente errore nella compilazione della domanda di partecipazione - scrivono i giudici - Ciò in base ad un generale principio di autoresponsabilità che, soprattutto nei concorsi di massa, assume un significato ancor più importante in quanto occorre assicurare par condicio nonché massima accelerazione possibile nelle procedure; in forza di tale principio ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione e che possano incidere sulla posizione di altri candidati”. I giudici citano anche le altre sentenze: “Tar Lazio)”. “Ritenuto, infine, che la particolarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese della presente fase” - scrivono i giudici di primo grado. Per i due leccesi, oltre al danno la beffa di pagare un ricorso che costa migliaia di euro, dopo aver sborsato nel lungo percorso formativo un fiume di soldi per specializzazioni, crediti formativi e certificazioni informatiche e linguistiche. Forse ricorreranno in appello. Intanto, lo Stato bandisce nuovi concorsi che gli idonei sono costretti a rifare. Un tempo si facevano scorrere le graduatorie, ma oggi tutto fa business.