LECCE - C’erano anche un paio di scarpe con telecamera incorporata fra il materiale che i militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce hanno sequestrato all’avvocato Antonio Zito, 58 anni, residente a Lizzano, in provincia di Taranto, all’epoca dei fatti vice procuratore onorario presso il Tribunale di Lecce e ora finito in carcere con le accuse di violenza sessuale di gruppo, interferenza illecita nella vita privata, esercizio abusivo della professione medica. Ipotesi di reato che hanno fatto finire dietro le sbarre anche Giovanni Vetrone, 60 anni, cardiologo in servizio presso l’ospedale “Fatebenefratelli” di Benevento.
I due si trovavano ai domiciliari lo scorso 19 giugno, per le medesime accuse. Al centro dell’inchiesta le visite condotte da Vetrone all’interno del nosocomio nei confronti di alcune pazienti, che a loro insaputa sarebbero state riprese a seno nudo o nelle parti intime. Visite alle quali ha partecipato lo stesso Zito, che davanti alle donne si sarebbe spacciato per collaboratore del cardiologo, con tanto di camice bianco: alcune volte si presentava come fisiatra, altre diabetologo. Un modus operandi che i due avrebbero condotto per un lasso di tempo di almeno un anno: dal novembre 2021 all’ottobre 2022, stando alle contestazioni. Le riprese sarebbero state effettuate grazie ad una telecamera fissa sulla scrivania di Vetrone ed al cellulare di Zito.
I finanzieri hanno raccolto le denunce presentate dalle pazienti: fra loro anche una donna, incinta al terzo mese di gravidanza, che ha raccontato di essere stata sottoposta ad una visita ginecologica da parte di Vetrone, nonostante il medico non ne avesse le competenze.
Fra le vittime anche una dottoressa dell’ospedale di Benevento, collega di Vetrone. La professionista sarebbe stata ripresa nello spogliatoio e persino in bagno, mentre espletava i propri bisogni fisiologici.
Ma il gip di Benevento, nell’ordinanza, mette nero su bianco che gli indagati da decenni avrebbero cercato in maniera sistematica - negli atti si fa riferimento al 2002 - di trovare contesti idonei a quella che viene definita come attitudine voyeuristica. Tanto perché sui supporti informatici sequestrati dalla Finanza sono stati trovati moltissimi file a contenuto pornografico/sessuale, catalogati meticolosamente secondo generi, date e tipologia, creati non solo grazie all’uso di telecamere nascoste ma anche grazie alle scarpe dotate di microcamera trovate nella disponibilità di Zito.
Le immagini immortalavano sia persone estranee riprese in luoghi come camerini, spogliatoi o toilettes di esercizi commerciali, di stabilimenti balneari, di studi professionali, sia persone facenti parte del nucleo familiare. Parte del materiale di Vetrone sarebbe stato acquisito con la pratica conosciuta con il nome di upskirting: consiste nel riprendere, tramite una fotocamera o una telecamera posizionata sotto la gonna, la parte inferiore della figura femminile mettendone in evidenza la biancheria intima.
Il giudice ritiene ancora sussistente il pericolo di reiterazione del reato, sottolineando la mancanza di autocontrollo da parte degli indagati.