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Regione, la norma pugliese «anti-sindaci» è incostituzionale. Leccese: «Sventato tentativo di farci fuori»

 
Redazione online

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La sede della Corte Costituzionale

La legge pugliese prevedeva le dimissioni dei primi cittadini che intendono candidarsi alle regionali, 180 giorni prima della fine della legislatura: per la Corte è «irragionevole e sproporzionata»

Venerdì 25 Luglio 2025, 14:09

16:33

La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’articolo 219 della legge della Regione Puglia numero 42 del 2024 impugnata dal Governo. Tale disposizione ha innovato la disciplina dei casi di ineleggibilità a presidente della Regione e a consigliere regionale, che riguardano anche i sindaci dei Comuni. Nel suo ricorso Palazzo Chigi aveva rilevato l’irragionevolezza del termine introdotto dal Consiglio regionale pugliese: in base alla norma ora cancellata i primi cittadini che vogliono correre per la Regione dovevano infatti dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura, cioè cinque mesi prima del deposito delle liste. La giunta regionale aveva poi deciso di non costituirsi davanti alla Consulta. Dopo la sentenza 131 depositata oggi 25 luglio si torna dunque alla situazione precedente: per candidarsi, i sindaci devono dimettersi 30 giorni prima della data del voto.

La Corte ha ritenuto che la norma soprannominata «anti-sindaci»)è irragionevole e sproporzionata, e lesiva del diritto di elettorato passivo, in violazione degli articoli 3 e 51 della Costituzione. La sproporzione - ha osservato la Corte - deriva innanzi tutto dalla notevole anticipazione del termine stabilito dal legislatore regionale rispetto al giorno fissato per la presentazione delle candidature, mentre altre normative regionali prevedono termini molto più contenuti. La sproporzione della norma deriva anche dal fatto che si applicava indistintamente a tutti i sindaci, mentre altre leggi regionali limitano l’ineleggibilità solo ai sindaci di Comuni con popolazione superiore a certe soglie.

Vito Leccese: «Giù le mani dai sindaci. Sventato tentativo di farci fuori»

«Giù le mani dai sindaci. Lo abbiamo detto dal minuto dopo l’approvazione di quell’emendamento presentato che altro non era che un tentativo disperato di impedire, di fatto, agli amministratori locali di competere ad armi pari alle elezioni regionali e la Corte Costituzionale oggi lo ha ribadito mettendo un pietra tombale su questa indecorosa pagina istituzionale», ha detto il sindaco di Bari, Vito leccese, che all’indomani dell’approvazione dell’emendamento alla legge di bilancio regionale che imponeva ai sindaci che intendessero candidarsi alle prossime elezioni regionali di decidere 180 giorni prima del voto, si era fatto promotore di una serie di iniziative contro la norma. In particolare ad aprile il presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, su input di Leccese, aveva scritto al ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, chiedendo un intervento tramite l’Avvocatura dello Stato per accelerare la discussione del ricorso. Il mese prima Leccese aveva portato una delegazione bipartisan di colleghi pugliesi a protestare nell’atrio del Consiglio regionale. 

Emiliano: «Tutto è bene quel che finisce bene»

«Apprendo con soddisfazione della dichiarazione di incostituzionalità della legge regionale inopinatamente votata in consiglio regionale da una maggioranza trasversale, che aveva reso ingiustamente difficoltosa la candidatura dei sindaci pugliesi. Avevo per questo deciso di non costituire la Regione Puglia nel giudizio davanti alla Corte, proprio perché condividevo l’impugnazione del Governo. Tutto è bene quel che finisce bene».

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