Sabato 06 Settembre 2025 | 09:27

Cottarelli: «Il governo dica sì al Mes. Il rialzo del tassi? Corretto»

 
Leonardo Petrocelli

Reporter:

Leonardo Petrocelli

Economia, Cottarelli: «La regione Puglia nella Popolare di Bari? Una condizione rischisa»

Carlo Cottarelli

L’economista è oggi a Bari per presentare il suo ultimo libro: «Senza riforma resta il vecchio Meccanismo»

Sabato 01 Luglio 2023, 07:00

Provengono dal celeste mondo della mitologia ma ora atterrano sulla terra con un paracadute molto concreto: quello dell’economia. Sono le Chimere (Feltrinelli, 2023) come da titolo dell’ultima fatica dell’economista Carlo Cottarelli, cremonese classe 1954, oggi protagonista a Bari (ore 21) al Lungomare di Libri. Giovedì 6 luglio, invece, toccherà al Libro Possibile di Polignano ospitare la presentazione. «Cosa sono le chimere? Sogni di trasformazione in meglio - spiega - dell’economia italiana e globale che non sono necessariamente falliti che, insomma, hanno visto molte aspettative deluse». Dalla finanza all’intelligenza artificiale, dalla sostenibilità alla globalizzazione, ecco sfilare dunque i nodi più delicati della contemporaneità economica, riattraversati con taglio divulgativo e critico.

Professor Cottarelli, una parte importante del suo libro è dedicata alle banche centrali. La loro indipendenza resta un valore?

«Direi di sì anche se con le banche centrali indipendenti dal potere politico, e quindi dalla tentazione di stampare denaro, ci eravamo convinti di aver abbandonato l’inflazione».

E invece non è così...

«L’inflazione è anche frutto di errori dei governi e delle stesse banche centrali. Ma si tratta appunto di errori e non di una tendenza».

La Bce ha deciso di alzare i tassi. Una mossa corretta?

«Direi necessaria. Piuttosto credo abbia sbagliato nel 2021 a tenerli bassi per troppo tempo».

Così, però, addio crescita come ha evidenziato il governo italiano.

«Non addio, arrivederci. Nel senso che per ridurre l’inflazione devi sacrificare qualcosa nell’immediato. Certo non in modo permanente».

Restiamo in Europa con il Mes. Il governo dovrebbe approvarlo?

«Sì, anche per non fare una cattiva figura».

D’accordo, ma nessuno ha dimenticato quello che è successo in Grecia. La riforma del Meccanismo corregge quelle storture?

«No, non le corregge. In realtà la situazione greca era particolarmente difficile e il paziente in ospedale non è detto che guarisca subito».

Sarebbe il caso di non farlo morire, però.

«Il Mes ha funzionato bene in molti altri casi: Irlanda, Spagna, Portogallo, Cipro. E poi c’è una cosa che non si ricorda mai».

E cioè?

«Senza il via libera alla riforma del Mes resta comunque il vecchio Mes. Non è che scompare».

L’argomento del giorno però è il salario minimo. È favorevole?

«È presente negli altri Paesi europei e potrebbe rivelarsi un utile strumento di protezione. Ma attenzione».

A cosa?

«Non deve essere né troppo basso, altrimenti diventa irrilevante, né troppo alto perché rischia di distruggere l’occupazione a bassa produttività».

Dunque cosa servirebbe?

«Una commissione indipendente che lo determini in modo trasparente e scongiuri il rischio di farne uno strumento politico»

Passiamo al Pd: lei, eletto senatore, si è sfilato quando il partito è passato in mano a Elly Schlein dicendo però che la segretaria faceva bene a spostare i dem a sinistra. Ce lo spiega?

«Credo che un partito debba essere caratterizzato da una linea chiara. In questo caso, non è la mia. Ma lei ha avuto un mandato e ha fatto bene perché il problema del Pd è sempre stato quello di essere un po’ di qua e un po’ di là. Ha operato una scelta, ora vediamo che succede».

Se il «di qua» è la sinistra, il «di là» sono le idee liberal-democratiche che le appartengono. Chi le rappresenterà?

«C’è stato qualche problema nel Terzo Polo ma penso che alle prossime Europee Italia Viva, Azione e +Europa debbano presentarsi insieme».

Infine, professore, la terza rata del Pnrr: non è che proprio il Piano rischia di diventare un’altra delle sue «chimere»?

«Di questo passo potrebbe succedere. Penso alla rata di dicembre, che fa in larga parte riferimento al governo Draghi, e a quella di giugno, legata all’attuale. Bisogna capire bene quali siano le cause dei ritardi. Di certo spostare la governance a Palazzo Chigi ha comportato problemi e non era necessario. È stato un atto politico. Che, però, rischia di avere effetti concreti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)