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Terremoto in Turchia, giornalista e fotoreporter pugliesi: «Noi, in diretta durante il crollo»

 
Carmela Formicola

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Carmela Formicola

Terremoto in Turchia, giornalista e fotoreporter pugliesi: «Noi, in diretta durante il crollo»

Quel che restava di un palazzo è crollato durante il collegamento: «Non c’è niente, qui. Non c’è più niente. Solo morte. E gelo, di notte le temperature precipitano fino a meno 6. Non c’è acqua calda»

Lunedì 13 Febbraio 2023, 13:03

Il palazzo si è sbriciolato alle sue spalle in diretta tivvù. Rossella Ivone è rimasta per qualche secondo senza parole. Ha deglutito. E ha ripreso il collegamento. Siamo a Islahiye, una delle città al confine tra Siria e Turchia. Macerie e lutti ma anche la distanza e il disagio tipici delle periferie, a prescindere da quale sia il disastro venuto ad abbattersi. Qui sono rocambolescamente arrivati l’inviata del Tg5 Rossella Ivone, pugliese di Castellana Grotte, e il telecineoperatore Gianni De Vecchis, barese.

«Paura? No, quella no. Certo, un palazzo che ti crolla a pochi metri ti lascia senza fiato», racconta la giornalista al telefono, dall’aeroporto di Istanbul. «Paura l’ho avuta invece quando mi sono spostata a bordo di un aereo da Istanbul in questa zona, c’era maltempo, l’aereo non riusciva ad atterrare, siamo rimasti in aria un’ora e mezza e lì ho pensato che sarebbe finito il carburante e che non ce l’avrei fatta». Ivone è arrivata in Turchia il 6 febbraio, poche ore dopo il sisma devastante. «Ho chiesto io in redazione di poter avere Gianni De Vecchis con me, perché è tra i più bravi con i quali abbia mai lavorato». Il racconto dell’inviata è la conferma di una tragedia di proporzioni immani. «Non c’è niente, qui. Non c’è più niente. Solo morte. E gelo, di notte le temperature precipitano fino a meno 6. Non c’è acqua calda. A Gaziantep speravamo di riposarci qualche ora in albergo, di riscaldarci. Ma l’albergo era riservato agli sfollati e di lì ci hanno praticamente mandati via. Abbiamo chiesto aiuto a un tassista, il tutto comunicando con i gesti, perché nessuno parla inglese, o attraverso Google translate. Il tassista è rimasto con noi fin quando ha potuto poi ci ha portati in un altro hotel. Le stanze erano piene di crepe, ho dormito vestita pensando che da un momento all’altro sarei dovuta scappare».

È andata così, per una settimana. Passando la notte ospiti di famiglie turche, all’interno di stanze probabilmente agibili, muovendosi con connessioni e mezzi di fortuna. In un emporio di spezie, una sosta per mangiare del pane caldo appena fatto. «È stato tutto molto difficile - confessa la giornalista -. Il sisma ha amplificato la fragilità e i limiti di certi territori turchi al confine con la Siria. Abbiamo raccontato cosa è successo in zone meno conosciute. Non senza problemi. Ho bevuto solo succhi di frutta, per paura delle condizioni dell’acqua. La prima bottiglietta che sono riuscita a comprare, da 25 cl, l’ho pagata 5 euro».

E ora si torna a casa, dopo una settimana: «Finalmente posso lavarmi i capelli. Sogno una doccia calda da giorni». C’è ancora il tempo per una «confessione»: «Al dolore, ai drammi non ci si abitua mai - spiega Rossella -. Quando lavori e devi fare dirette dalle 7 alle 22, servizi, chiamate, sei lì, a raccontare rispettando la sofferenza, trasmettendo agli altri ciò che vedi e senti. Poi quando la telecamera si spegne e torni a casa, quei volti, quel dolore, quella paura, ti inseguono. E non è sempre facile conviverci. È un esercizio difficile che insegna. Soprattutto a non dare nulla per scontato e a dare voce, per quanto riusciamo, a chi voce in una tragedia non ha».

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