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Interdittiva antimafia: il Tar Bari detta le regole

 
Redazione

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Interdittiva antimafia: il Tar Bari detta le regole

«Un nuovo provvedimento solo nel caso di fatti nuovi»

Mercoledì 21 Dicembre 2022, 13:26

BARI - È di grande interesse la recente pronuncia (la numero 1745) del 19 dicembre scorso con la quale il Tribunale amministrativo regionale di Bari, seconda sezione (presidente Rita Tricarico, relatore Lorenzo Ieva) ha affrontato la delicata questio iuris riguardante il rapporto tra «controllo giudiziario» ai sensi dell’articolo 34 bis, comma 6 del Codice antimafia, conclusosi favorevolmente, e le successive valutazioni di «polizia di prevenzione» esperite dal Prefetto in sede di aggiornamento dell’interdittiva antimafia.

La vicenda, invero, aveva ad oggetto l’impugnazione di una seconda interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura di Foggia - a seguito di un periodo di controllo giudiziario con esito favorevole – sulla base delle medesime argomentazioni poste a fondamento della prima interdittiva.

Il tutto sul presupposto che le valutazioni prefettizie possono prescindere dal controllo giudiziario e dai suoi esiti.

Il giudice amministrativo, accogliendo le tesi difensive del professor Saverio Sticchi Damiani, ha invece ritenuto che la Prefettura deve farsi adeguatamente carico degli esiti favorevoli del controllo giudiziario, non potendo legittimamente riadottare un provvedimento interdittivo sulla base dei medesimi fatti già apprezzati e posti a fondamento nella prima interdittiva, senza dunque effettuare valutazioni sulle nuove emergenze, specie se favorevoli al destinatario del provvedimento interdittivo.

Ciò in quanto «le misure di prevenzione non possono durare ad infinitum. Di per sé le stesse sono provvisorie, hanno una finalità cautelativa», Per l’effetto di questo principio, «una riedizione del provvedimento interdittivo richiede una motivazione accurata la quale evidenzi in base ad elementi indiziari nuovi che un’azienda sia cointeressata, secondo la regola del più probabile che non, a fenomeni di permeabilità di tipo mafioso».

Ma di tanto deve prodursi una evidenziata motivazione congrua, sulla base di atti univoci che non si limitino a ripetere quanto già dedotto nella prima interdittiva e posto a fondamento della stessa.

Tanto più, prosegue il Tribunale amministrativo, che il fatto che la Prefettura non abbia nemmeno preso in considerazione, all’esito di un controllo giudiziario favorevole, gli strumenti di prevenzione collaborativa previsti dalla novella normativa introdotta dall’art. 94 bis del codice antimafia, «costituisce eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità del potere esercitato, nella misura in cui si è preferito rieditare l’interdittiva anziché esplorare la possibilità di attivare la prevenzione collaborativa, con proficuità».

Si tratta, evidentemente, di una pronuncia di grande rilievo interpretativo, giacché conferisce il giusto coordinamento tra due istituti afferenti a settori diversi, comprendendo a pieno la ratio che ha spinto il legislatore a mitigare gli effetti delle interdittive con l’ammissione al controllo giudiziario ex art. 34 bis del codice antimafia, nell’ottica di un pieno recupero dell’impresa e sua riabilitazione nel mercato in regime di legalità, dovendosi ricorrere all’adozione di una nuova interdittiva solo come estrema ratio nell’ipotesi in cui sussistano fatti nuovi, sfuggiti al controllore giudiziario, idonei a superare gli esiti favorevoli della misura.

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