BARI - Direttore generale dell’Agenzia industrie difesa, docente di politica estera e difesa italiana alla Luiss, il pugliese Nicola Latorre, già senatore ed esponente di spicco del Pd nazionale, aveva commentato con la Gazzetta le primissime fasi della guerra in Ucraina. E aveva definito Putin un giocatore di scacchi di cui non si potevano ancora prevedere le mosse.
A due mesi dallo scoppio del conflitto, qual è la sua valutazione?
«Il primo dato è che l’iniziativa di Putin sta mostrando numerosi elementi di difficoltà. Il primo è che, evidentemente, non era stata preventivata la capacità di resistenza ucraina, come confermano le ingenti perdite di uomini e di mezzi militari subite dai russi. Il secondo è che il fronte delle forze occidentali ha dimostrato una grande compattezza. In più, si è rivelata priva di fondamento l’idea che i russi potessero essere accolti come liberatori da una parte del popolo ucraino. L’iniziativa del Cremlino è perciò non solo una palese violazione delle norme internazionali ma sconta anche una miopia strategica».
E Putin come gestirà questo scenario inaspettato?
«Sembrerebbe che stia concentrando l’attacco nell’area meridionale dell’Ucraina. Resta sul tavolo la vera posta in gioco del conflitto: da un lato la difesa dell’integrità territoriale e democratica dell’Ucraina, dall’altro l’avvio di una nuova fase nella definizione del nuovo ordine mondiale. Un ruolo importante lo svolgono già ora e lo svolgeranno i Paesi europei e gli Stati Uniti. Più avanti si tratterà di verificare anche quelli di Cina e Turchia. La Cina per ora è rimasta a guardare, pur schierandosi formalmente con la Russia, ma dubito che questo atteggiamento possa perdurare a lungo. A quel punto capiremo il ruolo che intende giocare anche questa superpotenza».
Come giudica le posizioni del suo collega alla Luiss, il professor Orsini?
«Fino a quando nei nostri Paesi si potrà discutere esprimendo liberamente le proprie opinioni, qualunque esse siano, significherà che la democrazia è viva. Fatta questa premessa, le argomentazioni di Orsini inizialmente si ponevano come lettura critica delle analisi della maggioranza degli osservatori occidentali. Successivamente mi pare sia rimasto vittima del suo personaggio mediatico, sostenendo tesi del tutto prive di fondamento, antioccidentali, filorusse, partigiane, prive di consistenza analitica fondata su fatti concreti. Considero la sua una posizione insostenibile sia dal punto di vista dell’analisi geopolitica che dei fatti, e non priva di cadute francamente imbarazzanti».
Dalla Russia agitano lo spettro di attacchi missilistici contro i nemici occidentali, l’Italia sarebbe pronta a difendersi?
«Questo scenario impone un rafforzamento e un adeguamento dei nostri assetti di difesa. In termini strategici generali, accelerando il processo di costruzione di un’Europa della difesa, ben sapendo che richiede i tempi necessari. Contestualmente, dobbiamo rafforzare il nostro ruolo all’interno della Nato, sempre più consapevoli che un sistema di difesa europeo non è alternativo all’Alleanza atlantica, ma un modo per renderla ancora più forte e anche per riqualificare la nostra partecipazione alla Nato in una logica più continentale che nazionale».
Inutile chiederle se è favorevole all’aumento delle spese per gli armamenti...
«Abbiamo bisogno di adeguare i nostri sistemi di difesa. E in questo quadro si colloca una decisione che viene da lontano ma che oggi è più che mai da realizzare. Attenzione: aumentare le spese militari non significa banalmente più armi, ma riqualificare la spesa e intervenire su una serie di aspetti ancora insufficienti».
Quali?
«Penso innanzitutto alla dimensione spaziale della difesa, alla cybersecurity e soprattutto all’esigenza di modernizzare gli assetti difensivi in un contesto geopolitico che ripropone vecchie minacce, come quella terroristica, e nuove insidie, come quelle che sta facendo emergere il conflitto in Ucraina. Ma, al di là delle contingenze, non vanno mai dimenticati la nostra posizione e il nostro ruolo nel Mediterraneo, per noi fronte strategico primario. Per essere all’altezza di tutte queste sfide è indispensabile la crescita e l’adeguamento della spesa militare. C’è poi un altro aspetto non trascurabile da ricordare sempre: la politica industriale del settore della difesa è uno degli asset strategici della politica industriale più generale del Paese. Quello della difesa è tra i comparti più innovativi, grazie a una ricerca che poi spesso viene applicata anche agli usi civili».