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Bari, l'ex penalista Chiariello a processo per i soldi in nero: «In 4 anni ha evaso 10 milioni»

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

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Fissata a settembre l’udienza preliminare: nel frattempo colpito da un nuovo sequestro

Mercoledì 23 Agosto 2023, 12:57

BARI - L’accusa è di aver nascosto al fisco poco più di 10 milioni di ricavi, omettendo così il versamento di circa 3,4 milioni di euro di imposte. È per questa accusa che l’ormai ex avvocato barese Giancarlo Chiariello andrà (di nuovo) a processo: il pm di Bari, Giuseppe Dentamaro, ha chiesto il rinvio a giudizio per il 72enne già coinvolto nell’inchiesta di Lecce per corruzione in atti giudiziari, inchiesta che gli è già costata una condanna in primo grado insieme all’ex gip Giuseppe De Benedictis.

L’udienza preliminare nei confronti di Chiariello è fissata per il 14 settembre davanti al gup Susanna De Felice. L’ipotesi è appunto di infedele dichiarazione, decisamente meno grave rispetto all’iniziale accusa di riciclaggio e autoriciclaggio, che potrà ulteriormente essere circoscritta se la difesa (il professor Vito Mormando e l’avvocato Filiberto Palumbo) riusciranno a chiudere un accordo con l’Agenzia delle Entrate.

A febbraio 2022 la Finanza eseguì nei confronti di Chiariello un provvedimento di sequestro da 10,8 milioni di euro (furono materialmente trovati e congelati circa 6 milioni), ovvero la somma ritenuta frutto di sei anni di attività professionale in nero. Il Tribunale del Riesame ha però ridotto la cifra a 2,9 milioni: Chiariello ottenne quindi la restituzione materiale di circa 3,5 milioni tra denaro liquido e immobili. La difesa si è poi rivolta alla Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso ritenendo che il provvedimento del Riesame «esponga una motivazione congrua e corretta in diritto e idonea a rendere comprensibile le ragioni della decisione». Il Riesame, scrive la Cassazione, «dopo aver rilevato che per stessa ammissione dell’indagato “l’evasione c’è stata”, ha ritenuto valido criterio di determinazione l’accertamento induttivo della Guardia di Finanza e quello dell’Agenzia delle Entrate, rilevando in particolare che era dimostrato il pagamento in contanti di prestazioni professionali, non erano allegate le pattuizioni dei compensi né le fatture saldate in contanti». In questi casi «spettava al professionista contrastare tali presunzioni e dimostrare di non aver percepito i compensi accertati in via induttiva». La difesa chiedeva che dal sequestro fossero scomputati i soldi in contanti (1.115.220 euro) trovati durante le perquisizioni che seguirono l’arresto di Chiariello per corruzione in atti giudiziari, in quanto anche quei soldi - sequestrati dalla Procura di Lecce - erano frutto di attività professionale svolta in nero. Ma la Cassazione ha ritenuto che su quei soldi sia già intervenuta una confisca, e dunque la difesa avrebbe tentato sul punto «una diversa ricostruzione fattuale, contraria ai dati di causa».

A luglio, però, nei confronti di Chiariello è stato eseguito un nuovo sequestro fotocopia, ma stavolta attraverso la misura di prevenzione. L’avvocato è stato infatti ritenuto «fiscalmente pericoloso»: «Chiariello - spiegarono i giudici - ha improntato il proprio agire al continuo e costante ricorso alla infedeltà fiscale non accompagnato, peraltro, da momenti di ancorché interessata resipiscenza». Il sequestro verrà discusso il 4 ottobre davanti al Tribunale della prevenzione.

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