La somministrazione di forme farmaceutiche convenzionali di medicinali comporta spesso una distribuzione diffusa del principio attivo che diventa così poco selettivo colpendo anche tessuti sani e causando reazioni avverse e indesiderate. La nano-formulazione è un strategia innovativa che offre potenziali miglioramenti nella selettività dei trattamenti e nell’efficacia terapeutica, con ampi ed evidenti benefici per i pazienti.
La formulazione su scala nanometrica ha aperto, in particolare per i trattamenti oncologici, nuove frontiere alla medicina grazie allo sviluppo di «nano-medicinali intelligenti» capaci di colpire selettivamente le cellule malate, riducendo gli effetti collaterali. Grazie alla nano tecnologia applicata alla farmacologia i farmaci sono resi più stabili e – soprattutto – sono in grado di attraversare le barriere biologiche che le cellule posseggono.
Alcune di queste nano-formulazioni sono già impiegate in clinica, come nei vaccini a mRNA contro il COVID-19, ma la ricerca sta ampliando l’uso delle nanotecnologie per il trattamento di tumori difficili da curare, come quelli ossei e pancreatici; grazie a questi nuovi sviluppi si prevedono ulteriori progressi nell’ambito della medicina di precisione e personalizzata.
Presso l’Istituto per i Processi chimico-fisici di Bari (Ipcf) del Consiglio Nazionale delle Ricerche le attività di ricerca coordinate da Nicoletta Depalo in stretta collaborazione con l’Università di Bari (le docenti M. Lucia Curri e Elisabetta Fanizza), vertono allo sviluppo di nano-formulazioni biocompatibili a base di lipidi, silice e polimeri formulate per veicolare farmaci selettivamente ai tessuti malati. Il gruppo di ricerca, arricchito dalla presenza di giovani ricercatrici e ricercatori (Federica Rizzi, Rita Mastrogiacomo e Pierluigi Lasala), si dedica da oltre dieci anni allo studio di nanoparticelle inorganiche con proprietà foto-attive o magnetiche in grado di distruggere cellule tumorali tramite riscaldamento o di fungere da agenti di contrasto per la diagnosi avanzata.
Un altro importante filone di ricerca riguarda l’utilizzo delle vescicole extracellulari (VE) come nanovettori fisiologici per il trasporto di farmaci. Con il gruppo della dottoressa Maria P. Scavo dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Ircss) S. de Bellis di Castellana Grotte, l’Ipcf studia le «VE», dei sofisticati nanosistemi utilizzati dalle cellule per comunicare fra loro. Le «VE» generate da cellule tumorali, ad esempio, trasportano nel corpo proteine e RNA tumorali, contribuendo alla formazione di metastasi. Le «VE» come vettori di farmaci offrono notevoli vantaggi perché sono prodotte dall’organismo, e pertanto meglio tollerate, e garantiscono una somministrazione mirata, riducendo al contempo l’infiammazione.
Recentemente, queste ricerche hanno ottenuto il finanziamento di due progetti nell’ambito del Pnrr-NextGenerationEU, (dott.ssa Depalo, responsabile IPCF). Il primo progetto NHYLODEA, coordinato da UniBA (Prof. Nicola Margiotta) e con la partecipazione anche dell’Università di Palermo, mira a sviluppare nanomateriali biomimetici per il trattamento del cancro e delle metastasi ossee. L’Ipcf è impegnato nello sviluppo di nanoformulazioni a base di silice capaci di concentrare il farmaco nelle aree malate e stimolare la rigenerazione ossea. Il secondo progetto «Trattamento delle cellule circolanti di cancro pancreatico di tipo mesenchimale: un approccio innovativo per frenare la progressione della malattia», coordinato dall’azienda ospedaliera-Università di Parma (Prof. Luigi Laghi), con il contributo dell’Ircss de Bellis e del Cnr-Nanotec Lecce, punta a contrastare le caratteristiche che rendono aggressivo l’adenocarcinoma duttale pancreatico (ADP), ed aumentare la sensibilità del tumore alla chemioterapia.
L’Ipcf si dedica all’estrazione di «VE» dalle cellule tumorali circolanti (Ctc) isolate dal sangue e sviluppa nanovettori biomimetici, rivestiti con membrane di Ve, per colpire selettivamente le CTC e ottimizzare il rilascio dei farmaci chemioterapici. Si auspica che questo approccio innovativo possa aprire nuove prospettive terapeutiche per l’Adp.