E adesso piazza pulita. Dal primo all’ultimo. Nel Bari del futuro non dovrà esserci posto per chi ha «partorito» una delusione così cocente, una sorta di alto tradimento sportivo. D’altro canto, è il logico epilogo di un progetto pensato male, cresciuto storto, finito peggio. Roba da non credere: eliminati dalla Feralpi Salò. Impossibile. Ma vero. Terribilmente vero. Crudelmente vero.
L’ultimo regalo? Va oltre la sconfitta. Nessuno dei giocatori ha avuto il coraggio di metterci la faccia. Di spiegare alla città il perché... Pazienza, ce ne faremo una ragione. Di certo, non è il silenzio degli innocenti. Auteri, ancora una volta, ha fatto da parafulmine. Mostrando almeno di avere coraggio, quel coraggio che tante volte è venuto a mancare sul campo. Sulla sua disamina, invece, meglio passarci sopra...
Verdetto sacrosanto, sentenza giustissima. Il Bari non avrebbe meritato di andare avanti. Non soltanto per il pareggio del San Nicola che ha sancito il fallimento annunciato da un campionato mediocre e dal cambio di tre allenatori. Ma per come si è sviluppata l’annata, per tutte le incongruenze che sono emerse anche a livello societario, per una stagione confusa e stramba.
Fa storia, questo «ottavo» di finale. Fa storia come la meravigliosa stagione fallimentare, come il decimo posto in A targato Ventura, come la cavalcata «contiana» dalla B alla A. Fa storia come l’ormai famosa frase «ma tu stavi a Bari-Cittadella?». Fa storia perché è il punto più basso degli ultimi anni, dopo il fallimento. Resterà scolpito, questo 0-0, nei gradoni del San Nicola deserto.
Qualcuno dovrà riflettere a fondo. I De Laurentiis dovranno riflettere a fondo su quest’altro sciagurato finale. Quella biancorossa è una piramide che va rifondata. Su altre basi. Con altra gente. Una piramide che non può più prescindere da un direttore sportivo «vero», indipendente, libero di decidere, scegliere, sbagliare. Un direttore sportivo nel senso reale della parola.
Un uomo che oltre ad acquistare e vendere calciatori, sia in grado di scendere negli spogliatoi a parlare, risolvere problemi, confrontarsi con il tecnico, appiccicare al muro le belle statuine. E che modifichi il rapporto comunicativo con l’esterno, oggi ai minimi termini.
Tre campionati senza una figura del genere rappresentano una «leggerezza» imperdonabile. Bari non può essere colonia di niente e di nessuno. Non deve esserlo. Bari è Bari. Bari ha una storia, fatta di alti e bassi, di scivolate e grandi entusiasmi. Bari ha una sua anima, un suo cuore, un suo colore. Biancorosso.