Frusta e parrucca

Le bionde vincono sempre (anche in politica)

Pasquale Bellini

A qualcuno piace doloroso. Specie se a somministrarlo, il dolore, è una donna, eventualmente bionda, eventualmente piccola (vedi il grande Buscaglione!)

A qualcuno piace doloroso. Specie se a somministrarlo, il dolore, è una donna, eventualmente bionda, eventualmente piccola (vedi il grande Buscaglione!).
A subire, a seconda dei casi, può essere un uomo, o magari anche un intero popolo!
La chiamano “sindrome di Stoccolma”: si diventa dipendenti, e ci si innamora, dell’aguzzino (come nel film Portiere di notte della Cavani del 1974, con Charlotte Rampling) o si diventa succubi dell’aguzzina, nel più sottile e perverso dei casi. E qui siamo palesemente al Masochismo, dal nome del barone austriaco Leopold von Sacher-Masoch (1836/1895), uno che era nato a Leopoli (oggi Ucraina!) e che morì in un manicomio. È famoso per la sua Venere in pelliccia del 1870, testo base di tante bellissime perversioni, con pelliccia e senza, ma sempre con comodo di frustino e sempre col popolo, ops!, lo schiavo consenziente!, tenuto al guinzaglio. E pensare che Sacher-Masoch, nella prima parte del cognome, ricorda quella buonissima “torta Sacher”, tanto dolce e appetitosa, ben altra roba da gustare rispetto alle voluttà crudeli che la bionda Wanda, la protagonista di Venere in pelliccia impone, dal tepore animalesco della sua pelliccia, al sottomesso Severin, cultore sfrenato della schiavitù voluttuosa. Il tutto, nel romanzo, si svolge a Firenze. Pare che il nome Wanda fosse anche quello di una moglie del barone Sacher-Masoch, tale Aurora Wanda Von Rümlein, anche se secondo alcuni esegeti del Masochismo (che pure esistono!) a ispirare il barone nell’autobiografico romanzo sarebbe stata un’altra donna-amante, Fanny Pistor, una signora con la quale avrebbe steso e concordato un vero e proprio “contratto di schiavitù”. Durata semestrale, con possibilità di rinnovo. Ah, queste Veneri bionde, con pelliccia e senza! Così spietate, eppure così previdenti! Contratti semestrali, quinquennali...
Si sa, spesso Gli uomini preferiscono le bionde (vedi film con Marilyn Monroe del 1953) anche come dominatrici, e ben oltre la Monroe. Che poi, a parte letteratura e cinema, pare che anche in politica il biondo si addica alla carriera delle dominanti: era bionda più o meno la Margaret Thatcher, bionda la Merkel, bionda si affaccia minacciosa la Le Pen, bionde la Metzola e la Von Der Leyen, bionda la nostra Meloni. La Kamala Harris è invece bruna, e infatti ha perso, sottomessa nel confronto col fiammeggiante Trump! Invertiti i ruoli, non sarà un riflesso letterario dalla Venere in pelliccia di venerata e venerabile memoria venerea? Mah.
Per restare all’originale ottocentesco del barone Sacher-Masoch, numerose sono le trasposizioni cinematografiche, per spettatori e spettatrici in preda a delirio di sopraffazione, attiva/passiva. In Italia abbiamo un Le malizie di Venere (1969) diretto da Massimo Dallamano, in Olanda un Venus in Furs (1995) registi Victor Niewenhuijs e Martje Seyferth. Anche Roman Polanski ha diretto un Venere in pelliccia nel 2013, tratto però dalla trasposizione teatrale dell’ americano David Ives del 2011. Quest’ultimo ambienta il tutto in un conflitto, durante dei provini teatrali, fra un regista e un’ aspirante attrice. Testo di Ives messo in scena anche in Italia, nel 2016, da Valter Malosti con Sabrina Impacciatore.
Tra Veneri bionde, pellicce, fruste e guinzagli sembra proprio che il destino del popolo succubo, ops! dello schiavo contento!, sia morbosamente segnato. Oppure davvero, a qualcuno piace doloroso?

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