LEONARDO PETROCELLI
BARI - Il disegno di legge regionale anti omofobia e transfobia, presentato due giorni fa a Bari dal governatore Michele Emiliano, continua a far discutere. Se nessuno ha infatti nulla da eccepire sulla necessità di contrastare i fenomeni discriminatori, molto meno unanime è il consenso intorno ad alcuni aspetti specifici del ddl, dedicato alla memoria dell’assessore Totò Negro. Primo fra tutti quello che, all’art. 3, contempla politiche di formazione e qualificazione professionale nel mondo dell’istruzione. Un punto critico cui è necessario sommare un altro snodo cruciale all’art. 8: l’introduzione di forme di controllo per la rilevazione di contributi discriminatori all’interno della programmazione mediatica.
L’oggetto del contendere è riferibile alla cosiddetta «teoria gender», visione che rimuove l’importanza delle differenze biologiche di genere riportando tutto alla dimensione culturale e alla libera scelta dell’individuo. Da cui l’ insorgere del mondo cattolico e conservatore che ha accusato il ddl di voler introdurre la teoria, mimetizzandola all’interno della buona causa del contrasto alle discriminazioni. “E’ una iniziativa folle - tuona il salviniano Andrea Caroppo -, ideologica e liberticida che punta a realizzare quella che Papa Francesco definisce la colonizzazione ideologica gender”, una rieducazione finalizzata a convincerci tutti che non esistono il sesso maschile e femminile ma infiniti generi”. Dall’altra parte, ferma, ma aperta al dialogo, la posizione del governatore: “Questa legge sicuramente provocherà molte reazioni, ci saranno sicuramente i tutori della morale comune. Io chiedo loro una moratoria: prima di sparare su questa legge e dire che essa mette in pericolo la famiglia o la morale pubblica, di leggere il testo che io sono disponibile a discutere con chiunque”