di STEFANO LOPETRONE
LECCE - Fra dieci giorni, tramontana permettendo, Frigole avrà la sua nuova barriera. Non la poseidonia, non gli scogli naturali o i «pennelli», ma una serie di grosse strutture in cemento armato piazzate in fondo al mare. A due miglia e mezza dal porticciolo della locale Lega Navale, la ditta «Babbo srl» per conto del Comune sta installando le reef-ball: enormi vasi traforati, costituiti da 27 piastre ottagonali con una croce al centro. Una benedizione multipla per curare il fondale malato del basso Adriatico, dilaniato dalla pesca a strascico.
L'obiettivo principale di questo progetto finanziato dalla Regione e presentato da Comune ed Università di Lecce, punta ad ottenere, nel giro di pochi anni, il ripopolamento della zona, sia dal punto di vista della flora sia da quello ittico.
Dovevano essere 218 i pezzi da installare. Nel tempo si è pensato ad un ritocco, che ha consentito di accelerare i tempi e di risparmiare tremila euro: poco su un milione di finanziamento, ma pur sempre un risparmio. Verranno immersi solo 40 habitat, ma di capienza ben più ampia (una struttura nuova ne vale cinque delle vecchie), ad una distanza di 40 metri uno dall'altro e su un area trapezoidale di 15 ettari. Al centro di questo quadrilatero verranno piazzate 16 ultra-ball. Il progetto approvato dal Por 2000-06, inizialmente prevedeva blocchi unici da calare in mare.
A bordo della imbarcazione affittata all'uopo, la «Dino Ugo Di Marzio Taranto 4866», è sempre tempo di assemblaggio: una squadra di quattro operai mette su in un'ora un tronco piramidale largo 3 metri e mezzo. Sembra semplice costruirlo, almeno vedendo l'operazione dalla barca della Lega Navale: prima si uniscono, attraverso giunti in acciaio inox, sei lastre per for mare un cubo; successivamente si collegano tre di questi cubi con un telaio metallico; infine si costruisce una base di nove lastre capace di conficcarsi nel fondale. Preparato il reef, bisogna ammararlo lentamente (mezzora circa) con l'ausilio del le carrucole della nave.
Ci vogliono pazienza e fortuna. L'equipe monta alle 7 del mattino in mezzo alla nebbia: dopo due ore di trasferimento dal porto di Otranto al punto esatto per l'immersione (parti colarmente dure le operazioni di ancoraggio a 35-40 metri di pro fondità), partono le operazioni di montaggio.
Finito il primo ciclo, ci si sposta 40 metri più in là per ricominciare a costruire ed immergere. E avanti così, per tre o quattro volte al giorno. Alle 16 si ritorna nel porto.
Se mare e cielo lo permette ranno, i lavori saranno ultimati nel giro di dieci giorni: basta che tramontana o grecale tardino ad arrivare e che il mare non si increspi più di tanto.
È possibile scorgere il punto esatto delle immersioni anche sdraiati sulle risicate spiagge della marina leccese. Intorno a questa grande barca ruotano continuamente diversi satelliti-gommone: i sub che control lano il posizionamento corretto della reef-ball, i biologi della Università del Salento, i dirigen ti comunali del Settore Ambien te, l'immancabile geometra Ivan Assettati della ditta che si è aggiudicata i lavori. Tutti a bordo dei mezzi della Lega Navale di Frigole.
Il biologo dell'Università del Salento,Giuseppe Scordella, arriva scortato da un fotografo subacqueo e da due marinai: in bermuda e t-shirt osserva tutto con occhio clinico, a pelo d'acqua o con la bombola d'ossigeno in groppa. «L'obiettivo di questo progetto è il ripopolamento e la protezione delle zone marine», ha detto prima di immergersi.
«Le reef-ball, che vengono posizionate su questo fondale sabbioso e fangoso, creeranno le condizioni per lo sviluppo di bio cenosi (un insieme di popolazioni di specie diversa che vivono in uno stesso ambiente naturale, ndr) e popolazioni ittiche com merciali».
Le piastre, che tra qualche me se saranno saldate tra loro oltre che dai bulloni inossidabili soprattutto dagli organismi viventi, sembrano l'habitat naturale per cernie e grandi ricciòle. At traverso i pertugi di questi di spositivi di aggregazione ittica si formerà in poco tempo il novellame: «È un progetto inserito in un disegno più ampio», dice il biologo. «Da tempo la Regione Puglia intende realizzare una re te di oasi di raggruppamento per risollevare la pesca regionale: ne sono state già realizzate alcune a Ugento, nel Barese e nel Foggia no ed in questi giorni si sta svi luppando anche quella di Gallipoli».

Sabato 06 Settembre 2008, 00:00
10 Novembre 2024, 20:23