rino daloiso
barlettaIn cima alla lista delle sostanze nocive, c’è il cromo esavalente. Nel cocktail di inquinanti rilevato nel monitoraggio sin qui svolto dal Cnr-Isra (Centro nazionale delle ricerche-Istituto di ricerca sulle acque) in collaborazione con l’Arpa Puglia (Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente) nell’area industriale di Barletta, infatti, proprio quel composto del cromo, potente ossidante, si staglia su tutti gli altri per pericolosità e quantità sedimentata negli anni.
Non un fattore di rischio qualsiasi, ma «un noto agente cancerogeno per gli esseri umani», come scrive l’avv. Michele Cianci, presidente del Comitato Operazione Aria pulita Bat, al termine di un incontro al quale hanno partecipato il consigliere regionale Filippo Caracciolo, presidente della Commissione Ambiente della Regione Puglia, nonché alcuni componenti e tecnici del Comitato, tra i quali il vice presidente Daniele Cascella, il geologo Raffaele Lopez, l’ing. Angelo Marzocca, l’avv. Daniela Dimonte, Alfredo Melidoro, autore del cortometraggio «Micropalu» e la signora Imma Iglio, da anni affetta da Sensibilità chimica multipla.
il «cocktail»Non è che il resto della «compagnia» chimico-metallifera sia proprio rassicurante, visto che i piezometri ulitizzati per il monitoraggio effettuato sulla base del protocollo sottoscritto il 1° dicembre 2015 da Comune, Provincia e Regione nell’area che parte dalla rotonda di accesso della zona industriale di Barletta per due chilometri in direzione di Trani, hanno riscontrato anche la presenza di solfati, dicloroetilene, tricloroetilene, selenio e nitrati. Ma il cromo esavalente è il più dannoso: «La maggior parte dei composti del cromo esavalente - sottolinea il Comitato - sono irritanti per gli occhi, la pelle e le mucose. Una esposizione cronica ad essi può causare danni permanenti agli occhi, se non adeguatamente curati».
18 volte oltre il limiteMa non è tutto: «In base al decreto legislativo 31/2001, il limite massimo accettabile del cromo esavalente (VI) è di 5 microgrammi/litro». Invece, nella zona industriale di Barletta, «da alcuni piezometri è emerso che tale limite non solo è stato superato ma addirittura arriva ad essere circa 18 volte di più (86,12 microgrammi/litro). In particolare nel punto ubicato a valle della Cementeria Buzzi Unicem e a monte dello stabilimento Timac».
la mappaCosì, il Comitato «ritiene di dover offrire un contributo al fine di meglio indirizzare il prosieguo delle attività di monitoraggio». Ancora: «La situazione derivante dalle prime analisi (primo ciclo di monitoraggio) condotte sulla falda superficiale dell'area industriale di Barletta vede una concentrazione di cromo, solfati e nitrati nelle aree prossime ai due principali stabilimenti industriali e verso la litoranea di Levante. Altri superamenti prevalentemente, da solventi clorurati, e un hot spot da cromo si osservano nella zona ad ovest verso Trani ed in modo particolare a nord della ex Cartiera e nell'agro prossimo all'area di Ariscianne-Belvedere».
quale confrontoE così, «sulla scorta dei dati ad oggi disponibili, ma anche della disponibilità più volte manifestata dalla aziende cittadine (vedi Buzzi Unicem) ad un'apertura delle stesse al confronto tecnico-scientifico con l'opinione pubblica, si ritiene utile suggerire alcune azioni da mettere in campo subito, con il coinvolgimento dei principali soggetti operanti nell'area industriale al fine di acquisire informazioni utile per la salute pubblica».
Quali sarebbero queste azioni? «In considerazione del fatto che, in prossimità della città, la direzione di deflusso della falda idrica superficiale è dagli stabilimenti industriali verso i lidi - suggeriscono i componenti del Comitato Operazione aria pulita Bat - tali azioni potrebbero essere condotte rispettando il seguente ordine di priorità». Vale a dire: «Si potrebbe aumentare il numero di piezometri lungo la litoranea di Levante (almeno un altro in aggiunta a quelli già presenti) e le frequenze di campionamento ed analisi (almeno mensili) nei piezometri prossimi ai lidi, al fine di monitorare il potenziale inquinamento chimico delle acque marine dei lidi per tutta la stagione balneare. In presenza di superamenti rispetto ad alcuni parametri indicatori della contaminazione della falda appurata, emettere ordinanze di divieto di balneazione per potenziale inquinamento chimico delle acque di mare».
l’area del cromoE poi: «Al fine di delimitare l'area contaminata da cromo esavalente (che in punto e da solfati si potrebbero installare ulteriori piezometri, dove sono stati riscontrati superamenti fino ad oltre dieci volte rispetto ai valori limite normativi (ai sensi della tabella 2 allegato 5 titolo V Parte IV del decreto legislativo 152/2006) ed in particolare all'interno dello stabilimento Buzzi e tutt'intorno ad esso (lungo Via Trani, canale Tranvia, zona Verde Abitare, via Andria e via Callano)».
Tale attività viene considerata «prioritaria» perché «tutt'intorno ci sono recettori sensibili che potrebbero venire a contatto con le acque inquinate (lidi, scavi per costruzioni, ecc.). Lo stesso, nel tempo, andrebbe effettuato nelle aree contermini ad altri stabilimenti industriali o ex industriali (vedi zona ex Cartiera). Sarebbe utile inoltre effettuare campionamenti ed analisi dei terreni con analisi chimiche. I campionamenti in area Buzzi o altri stabilimenti industriali devono essere effettuati, soprattutto in prossimità di potenziali centri di pericolo che potrebbero aver determinato il rilascio del cromo in falda (zone soggette a scavi recenti, zone interessate da stoccaggi, zone interessate da condutture sotterranee, zone recentemente asfaltate, ecc.). Utile a tal fine è stato il confronto con lo studio di Change Detection condotto dal Centro nazionale delle Ricerche».
controlli ulterioriAltri auspici: «Occorrerebbe estendere il numero di piezometri nelle zone che hanno mostrato superamenti da composti organici, nitrati e da cromo esavalente (n.1 hot spot verso Trani), con annessa «ordinanza di divieto di emungimento acque sotterranee per usi irrigui e potabili: al fine di poter essere esclusi dall'ordinanza sanitaria di divieto di emungimento, sarebbe necessario richiedere a tutti gli agricoltori della zona interessata dal monitoraggio (colture prevalentemente ortive) analisi chimiche delle acque, particella catastale dei pozzi e profondità e possibilmente stratigrafia. Le attività di campionamento devono essere effettuate oltre che dai tecnici del laboratorio che il privato vorrà incaricare, anche in presenza di tecnici degli enti di controllo o di ausiliari di polizia giudiziaria».
i rifiutiCapitolo contaminazioni dell'agro (zona verso Trani): «Sono di una tipologia diversa rispetto a quelle riscontrate nella zona prossima alla città. In questo caso, contestualmente all'intensificazione della rete di monitoraggio, è importante la rimozione di tutti i rifiuti presenti ed eventuale bonifica dei terreni contaminati. In questo caso va fortemente intensificata l'attività di controllo (siamo in zone di campagna) con multe onerose per chi dovesse essere sorpreso ad abbandonare rifiuti. Creazione quindi di un fondo per pulizia e bonifica dell'area. Dopo la rimozione dei cumuli dei rifiuti vanno eseguite analisi dei terreni e verificare i valori con i limiti previsti dalla normativa in vigore per i siti ad uso residenziale».
Ma servirebbe, a parere dei componenti del Comitato, «una mappa del degrado ambientale di tutta l'area corrispondente all'agro indicato, utile partire e a verificare la situazione rispetto alla carta del degrado ambientale realizzata nell'ambito del progetto di recupero riqualificazione e ricerca dell'area di Ariscianne, i cui rilievi risalgono al 2003, condotto dall'Amministrazione Comunale con il Dipartimento di Geologia e Geofisica e la Soprintendenza Archeologica della Puglia».
i cittadiniInsomma, l’agenda delle «cose da fare» è fittissima e dovrebbe colmare anni (se non decenni) di colpevole sottovalutazione della situazione che si è venuta a creare. Per intanto, a conclusione dell’incontro e di questo primo ciclo di monitoraggio ambientale, il Comitato «plaude all’azione del presidente della V Commissione Ambiente Regione Puglia, Filippo Caracciolo, per la propria disponibilità e per l’impegno sino ad oggi profuso su queste scottanti tematiche. Ora occorre coinvolgere tutti i cittadini in un pubblico incontro, al fine di ottenere ulteriori suggerimenti per le fasi successive da intraprendere. Noi chiediamo ancora una volta, a gran voce e a tutti i poteri istituzionali, di prendere in considerazione i suggerimenti e le proposte operative che arrivano dalla partecipazione attiva della cittadinanza di Barletta, già più volte manifestata in varie situazioni. Gli esiti del monitoraggio in corso stanno confermando quanto già da tempo si conosceva, motivo per cui migliaia di cittadini hanno firmato la proposta di delibera sul monitoraggio delle matrici ambientali nella zona industriale di Barletta».
Barletta, cocktail di veleni

I rilevamenti fatta nell'area della Zona industriale: sottoterra anche solfati e nitrati
Sabato 28 Maggio 2016, 09:55