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Ilva, riparte il processo
in aula Emiliano e Capristo

 
Nicola PEPE

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Ilva

L'Ilva

Dibattimento minato stavolta per una istanza di ricusazione di un imputato nei confronti del presidente della Corte

Martedì 17 Maggio 2016, 09:20

10:04

di Mimmo Mazza

TARANTO - Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano «sta affiancando» stamattina il neo procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo in occasione della prima udienza del processo «Ambiente svenduto», chiamato a fare chiarezza sul disastro ambientale provocato dallo stabilimento siderurgico dal 1996 al 2013, da quando è stato gestito dalla famiglia Riva. Emiliano, che, come si ricorderà, era pm prima di entrare in politica, aveva confermato alla Gazzetta che avrebbe preso posto accanto al banco riservato all’accusa per ribadire la costituzione di parte civile presentata dalla Regione Puglia in sede di udienza preliminare, con una sostanziale novità: la quantificazione dei costi sostenuti dall’Arpa dalla sua costituzione ad oggi per monitorare le emissioni dell’acciaieria tarantina e i costi non sostenuti dalla famiglia Riva per mettere a norma la fabbrica.

L’avvio del processo, che vede alla sbarra 44 persone fisiche e le società Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici, si annuncia in salita perché se la ricusazione depositata in cancelleria dai legali dell’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva non ferma il dibattimento, ci sono altri nodi procedurali da sciogliere, il primo dei quali riguarda la regolarità delle notifiche a tutte le parti in campo.

Poi bisognerà affrontare le nuove costituzioni di parte civile, a partire da quella dell’Asl di Taranto che vuole chiedere il risarcimento per i costi in più sostenuti dal sistema sanitario pubblico per fronteggiare l’emergenza ambientale e il relativo picco di malattie. E quindi capire come destreggiarsi tra le liste testi depositate da Procura, collegio di difesa, parti civili e responsabili civili. La Procura ha effettuato piccole variazioni nella sua lista, rispetto a quella depositata alla Corte d’Assise prima che il processo tornasse allo stadio dell’udienza preliminare, citando 180 testimoni, tra cui il parlamentare in carica del Pd Ludovico Vico. Si sono invece dilatate a dismisura quelle dei fratelli Nicola e Fabio Riva che superano gli 800 testimoni a imputato: comprendono tutti i tarantini costituitisi parte civile. Tra i politici citati come testi - citazioni sulle quali si esprimerà la Corte d’Assise - ci sono l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti (citato dall’ex presidente Ilva Bruno Ferrante) e gli ex ministri Stefania Prestigiacomo e Raffaele Fitto.

I commissari dell’Ilva, tramite l’avvocato Angelo Loreto, riproporranno l’istanza di patteggiamento per l’azienda, imputata ai sensi della legge 231 del 2001 che disciplina la responsabilità amministrativa delle imprese, sulla quale i due gup Vilma Gilli e Anna De Simone non sono entrati nel merito, mancando il parere favorevole della Procura.

RIGETTATA LA RICUSAZIONE - La sezione distaccata di Taranto della Corte d’Appello di Lecce ha dichiarato inammissibile, per carenza di documentazione, l’istanza di ricusazione presentata dall’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva (Pd), uno dei 47 imputati del processo per il presunto disastro ambientale causato dall’Ilva, nei confronti del presidente della Corte d’Assise, Michele Petrangelo.

L’ordinanza - con cui l'imputato è stato condannato anche alle spese - è stata notificata agli avvocati Michele Rossetti e Laura Palomba, difensori di Conserva, che domani - riproporranno la richiesta di ricusazione presentando la documentazione mancante in occasione della prima udienza del dibattimento. 

L’ex assessore Conserva è accusato di concussione tentata e consumata a carico di due dirigenti della Provincia impegnati con il rilascio di autorizzazioni a favore del gruppo Riva. I suoi legali motivano la ricusazione con il ruolo di presidente svolto dal giudice Petrangelo nel collegio del tribunale del Riesame che nel dicembre del 2012 confermò gli arresti domiciliari a carico di Conserva, arrestato dai finanzieri il 26 novembre dello stesso anno in una inchiesta parallela.

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