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Bari, ricatti a una 14enne per ottenere foto e video porno: a processo

Bari, ricatti a una 14enne per ottenere foto e video porno: a processo

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Bari, ricatti a una 14enne per ottenere foto e video porno: a processo

La vicenda risale al 2016. L'adolescente sarebbe stata costretta a inviare immagini di lei nuda per evitare che venissero diffusi il suo numero e le foto

Venerdì 03 Febbraio 2023, 13:04

BARI - Avrebbe ottenuto da una adolescente foto e video che la ritraevano nuda, dietro minaccia di diffonderne online numero e immagini. Con l’accusa di pornografia minorile è cominciato ieri dinanzi al Tribunale di Bari il processo nei confronti di un 32enne della provincia. Nella prima udienza del processo si sono costituite parti civili la presunta vittima, assistita dall’avvocato Piero Campanelli e l’associazione «Fermiconlemani» rappresentata dall’avvocato Serena Zicari. Si tornerà in aula il 26 ottobre per sentire i primi tre testimoni citati dall’accusa, tra i quali la ragazza, oggi 20enne.

La vicenda risale al luglio 2016, quando la presunta vittima aveva 14 anni e l’imputato ne aveva 25. Tutto è cominciato quando la ragazzina sarebbe stata inserita in una chat, un gruppo Whatsapp, con numerosi contatti e con contenuti porno espliciti. Quando se n’è resa conto, lo avrebbe abbandonato. Qualche tempo dopo il 25enne l’avrebbe contattata spiegandole di aver memorizzato il suo numero di telefono da quella chat. Numero peraltro intestato al padre della adolescente. Subito le avrebbe chiesto una prima fotografia di nudo e poi altre quattro, «dicendole - si legge nell’imputazione - che altrimenti avrebbe reso noto il numero della sua utenza cellulare a tutti i suoi contatti».

«Mandami una foto e poi ti lascio in pace» le avrebbe detto il giovane. La ragazza, per evitare conseguenze spiacevoli, avrebbe inviato la prima foto e poi le altre. Ci sarebbe cascata convinta di porre fine alla situazione accontentandolo. Quello, invece, sarebbe stato l’inizio di un incubo. Dopo qualche settimana di silenzio, infatti, il 25enne sarebbe tornato a farsi vivo. L’avrebbe ricontattata chiedendole questa volta di più: voleva un video in cui la ragazza di spogliava. La 14enne si sarebbe rifiutata ma il giovane l’avrebbe ripetutamente minacciata di diffondere le fotografie di lei nuda che aveva precedentemente ottenuto. La stessa minaccia che aveva già fatto usando come pretesto il numero di telefono e che aveva riproposto usando come merce di scambio la riservatezza sulle foto. «E così - sintetizza la pm Chiara Giordano nel capo d’imputazione - utilizzando la minore produceva materiale pedopornografico, di cui vi era concreto pericolo di diffusione, tenuto anche conto del mezzo con cui acquisiva le fotografie e del tenore delle minacce».

La 14enne a quel punto si sarebbe spaventata. Si sarebbe confidata prima con amici coetanei e poi ha deciso di raccontare tutto ai genitori, i quali hanno sporto denuncia. Non ci è voluto molto a identificare l’autore delle richieste e delle minacce, finito ora a processo.

«La costituzione di parte civile delle associazioni antiviolenza senza scopo di lucro, come Fermiconlemani, che si occupa di prevenzione e contrasto alla violenza on line e off line a 360 gradi, assume una fortissima valenza poiché riconosce che la violenza non rappresenta una lesione dei diritti delle donne e dell’essere umano da intendersi quale fatto privato, ma costituisce un profonda ferita per tutta la società civile e per il sistema di valori» ha dichiarato la presidente Tiziana Cecere a margine dell’udienza.

«Silenzio e indifferenza sono molto pericolosi e diventano alleati della violenza: Fermiconlemani con la sua presidente e tutti i laboriosi volontari - ha spiegato l’avvocato Zicari - sentono il dovere morale di contribuire a smuovere le coscienze in favore di una cultura della parità di genere, della non violenza e della non sopraffazione. Desideriamo costruire ogni giorno un futuro che neghi la violenza in generale, soprattutto per i più giovani non soltanto contro le donne ma contro ogni essere vivente».

Questo impegno passa anche attraverso la costituzione di parte civile nei processi. La stessa associazione, per esempio, ha chiesto di costituirsi di recente nell’udienza preliminare sui presunti abusi commessi dal ginecologo barese Giovanni Miniello nei confronti di decine di pazienti, molestate durante le visite. «La legittimazione a stare in giudizio, quale parte danneggiata dai reati contestati agli offenders - ha continuato la legale - significa veder riconosciuto all’Ente un “diritto soggettivo autonomo” leso dalla condotta dell’indagato\imputato e rappresentato da quei diritti e dall’impegno quotidiano messo in campo per la loro tutela e in linea con gli scopi principali statutari».

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