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Caso Scazzi, Ivano Russo ha mentito ma il reato è prescritto

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Caso Scazzi, Ivano Russo ha mentito ma  il reato è prescritto

Ivano Russo e il caso Scazzi

Depositate le motivazioni della sentenza al processo «Sarah bis» presso la corte d'appello di Taranto. Assolti Scredo, Serrano e Olivieri

Domenica 28 Agosto 2022, 11:28

11:30

Ivano Russo ha mentito nel processo per l’omicidio di Sarah Scazzi, ma il reato è prescritto. È quanto si legge sostanzialmente nelle motivazioni della sentenza, e mai pubblicate finora, con la quale la corte d’appello di Taranto ha dichiarato prescritto il reato nei suoi confronti. Il procedimento, ribattezzato dalla stampa «Sarah bis», al termine del processo di primo grado aveva portato alla condanna a 5 anni di carcere per Russo e ad altre 10 condanne: erano tutti testimoni nelle indagini e nel processo per l’omicidio della 15enne uccisa e gettata in pozzo delle campagne di Avetrana il 26 agosto 2010. Favoreggiamento era l’ipotesi di reato nei confronti di Ivano Russo, il giovane di Avetrana che sarebbe stato al centro della contesa tra Sarah e la cugina Sabrina Misseri condannata definitivamente all’ergastolo insieme con la madre, Cosima Serrano, per l’omicidio della 15enne: per la procura ionica aveva ricostruito «in modo reticente e difforme dal vero» i suoi rapporti con le due ragazze cercando «di non fare emergere il particolare interesse sentimentale che Sabrina aveva nei suoi confronti e l’interesse sentimentale che la Scazzi aveva maturato sempre nei suoi confronti» e anche il «contrasto nato tra le due cugine».

Dalle motivazioni emerge che per lui, come per altri sei imputati, la corte ha accertato anche in secondo grado «la chiara falsità delle dichiarazioni rese» che «certamente non depongono per la chiara evidenza dell’innocenza». Ed è per questo che i giudici hanno dichiarato per loro la prescrizione del reato. Sono invece stati assolti da ogni accusa Anna Scredo, Giuseppe Serrano e Giuseppe Antonio Olivieri. Proprio «assoluzione» di quest’ultimo potrebbe essere un elemento importante per i difensori di Sabrina e Cosima, gli avvocati Franco Coppi, Nicola Marseglia e Lorenzo Bullo, che hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dopo la conferma della condanna in Cassazione. Per la procura ionica Olivieri aveva mentito sull’orario di servizio di due donne, una delle quali affermò di aver visto Sarah alle 14: un dettaglio fondamentale per la ricostruzione della procura che poi portò alla condanna nei tre gradi di giudizio delle due donne. La sentenza della Corte d’appello, però, ora afferma che Olivieri in realtà non ha mentito: in sostanza i giudici hanno chiarito che lui avrebbe indicato una fascia oraria durante la quale lavoravano le donne e quindi non un orario preciso visto che in quei momenti non era con loro.

Anche i magistrati della Corte d’appello ammettono che Olivieri ha sottoscritto durante le indagini preliminari «dichiarazioni apparentemente diverse da quelle poi rese a dibattimento» aggiungendo anche «di non aver detto ai carabinieri di un preciso orario di lavoro delle donne, ma reputa la Corte esservi un ragionevole dubbio sul reale tenore delle sommarie informazioni testimoniali verbalizzate e, dunque, sull’effettiva discrasia rilevata dalla pubblica accusa». In sostanza per i giudici di secondo grado «non v’è stata – si legge nella sentenza – da parte dell’Olivieri, la volontà di smentire le affermazioni delle due lavoratrici, ma solo di precisare che, più che di un orario fisso di servizio, si trattava di una fascia oraria nella quale, essendo chiuso il locale, le due donne si autogestivano». Un dettaglio non di poco conto per i difensori di Sabrina e Cosima che dopo la sentenza definitiva della Cassazione hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per ottenere una revisione del processo. Per gli avvocati Franco Coppi, Lorenzo Bullo e Nicola Marseglia, questo nuovo elemento potrebbe contribuire a chiarire i dubbi rispetto all’orario effettivo in cui Sarah è uscita di casa per raggiungere l’abitazione di Sabrina e quindi, verosimilmente, il luogo e anche gli autori di quel delitto.

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