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Puglia, vaccini dal 3 gennaio ma solo su base volontaria. In Basilicata si parte il 15 nei 6 ospedali

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Puglia, vaccini dal 3 gennaio ma solo su base volontaria: saranno impiegati 250 addetti

Le 94mila unità inviate in Puglia dalla Protezione civile nazionale dovrebbero esaurirsi già entro fine gennaio. Quasi 20mila le dosi che saranno a disposizione del personale sanitario lucano

Venerdì 18 Dicembre 2020, 09:43

14:16

BARI - Il «v-day» della Puglia sarà domenica 3 gennaio. È quello il giorno in cui verrà effettuata (forse a Bari) la prima vaccinazione anti-covid pugliese in uno dei centri scelti dalla Regione per la prima fase, quella destinata agli operatori sanitari e alle persone anziane classificate nella fascia di massimo rischio.

L’assessore alla Salute, l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, e il capo dipartimento Vito Montanaro hanno predisposto ieri il cronoprogramma per le attività di prima fase che – questo l’altro elemento di novità – dovrebbero consentire di esaurire le 94mila dosi in consegna dalla Protezione civile nazionale entro il mese di gennaio.

Già stamattina partirà la raccolta delle adesioni da parte di chi rientra nelle categorie considerate prioritarie: operatori sanitari in servizio nelle strutture pubbliche e private, personale della Protezione civile, anziani ricoverati nelle strutture socio-sanitarie. Una volta completata questa mappatura verrà stabilita l’agenda, compresi gli ambulatori dove materialmente saranno effettuate le vaccinazioni: è possibile, anzi altamente probabile anche se non dal primo giorno, che verranno sfruttati anche i «drive-in» predisposti per i tamponi, consentendo così di ottimizzare i tempi al massimo.

E – per quanto sembra di capire – la vaccinazione sarà volontaria pur essendo in vigore in Puglia un regolamento regionale che la renderebbe obbligatoria almeno per gli operatori sanitari.

Sul piano vaccinale sembra essere partita una polemica a distanza con il commissario Domenico Arcuri, che la scorsa settimana aveva invitato la Puglia a rettificare il numero di dosi richieste in quanto non erano stati previsti i dipendenti della sanità privata e il personale di supporto (tra cui possono rientrare ad esempio anche i farmacisti).

Nella mappatura predisposta da Arcuri la Puglia impiegherebbe 84 giorni per le 94.937 dosi, un tempo enorme (quasi tre mesi) e tra i più alti d’Italia. Ma l’assessore Lopalco spiega che non sarà così: «Il numero di 54 operatori che abbiamo comunicato alla Protezione civile, nella nostra interpretazione è relativo alle unità di personale che si occuperanno del coordinamento delle operazioni negli 11 hub indicati sul territorio. Non sono gli operatori dedicati alle attività di vaccinazione che saranno, tra amministrativi e tecnici, circa 250 per completare tutto entro 15 giorni lavorativi».

La Puglia peraltro dovrebbe affiancare alle attività di vaccinazione anche uno studio scientifico che servirà a capire qualcosa in più sulla copertura garantita dagli anticorpi nelle persone che hanno già avuto la malattia. Si tratta di un tema (vaccinare anche chi si è già ammalato?) particolarmente dibattuto in queste settimane dalla comunità scientifica internazionale. La risposta alla domanda sembrerebbe essere positiva (si vaccinano tutte le persone che ricadono nelle fasce di rischio individuate): non ci sono da fare particolari test preventivi. Ma verrà effettuato un monitoraggio a campione sulla copertura anticorpale: se – come sembra possibile – alla campagna di vaccinazione aderirà il 70-80% degli operatori, la circolazione del virus verrà molto attenuata. Ma sarà necessario monitorare il livello di anticorpi: questo perché nessuno sa se le persone con basso livello di anticorpi sono aggredibili dall’infezione (per altri virus non è così). Ecco perché (si fa ad esempio con il morbillo) bisogna studiare e capire se dovranno essere fatti eventuali richiami vaccinali.

BASILICATA, SI PARTE IL 15 GENNAIO -  L’obiettivo è di vaccinare 20mila lucani nel giro di una settimana, coinvolgendo sei ospedali della Basilicata. Sono giorni di riunioni e incontri quelli che si stanno consumando al Dipartimento Sanità della Regione Basilicata per affrontare la questione vaccini anti covid. Il piano è in via di definizione ma la strategia è già stata stabilita ed ha alla base una indicazione ben precisa: chiudere la campagna delle vaccinazioni il prima possibile, seguendo una serie di step in base all’età.

Una indicazione precisa che è stata ribadita anche nel corso dell’incontro che si è tenuto due giorni fa con i responsabili dei principali ospedali lucani. Nel dettaglio, il piano regionale prevede per il momento due momenti: il primo a gennaio, il secondo a febbraio. Nell’indicazione di gennaio, a partire dal 15 e per una intera settimana le vaccinazioni saranno effettuate a tutto il personale medico, infermieristico ed agli operatori socio - sanitari. Sempre su base volontaria e con criteri che saranno indicati dai vertici dei sei ospedali regionali, il 15 mattina le vaccinazioni partiranno, in contemporanea, in tutte le strutture ospedaliere lucane.

Si inizierà con quelli che saranno presenti nei vari reparti e poi, man mano, si andrà avanti. Con l’obiettivo appunto di chiudere il programma di vaccinazioni in una settimana. Quasi 20mila le dosi che saranno a disposizione del personale sanitario, 19mila 455 per la precisione.
Dopo il personale sanitario toccherà agli ultra 80enni con una distribuzione delle dosi di vaccino anti covid più articolata. Oltre ad essere coinvolti i medici di famiglia saranno fondamentali anche i sindaci chiamati a fornire una mappatura di tutti gli anziani.

«In ogni singolo paese - fanno sapere al Dipartimento Sanità - dovremo inviare delle èquipe di medici in modo da vaccinare anche chi non può muoversi da casa». Successivamente toccherà ai pensionati che si trovano nella fascia d’età tra i 65 e gli 80 anni per poi, di volta in volta, abbassare l’età di coloro che si potranno immunizzare dal Covid.

Dalle prime indicazioni sul piano di vaccinazioni restano fuori tra le priorità le badanti. L’associazione che si occupa proprio del lavoro domestico, Domina, segnala il problema e chiede di rivedere, su scala nazionale e locale, l’intero assetto delle categorie da vaccinare in via prioritaria: «Le badanti accudiscono gli anziani, i soggetti più deboli. Non vaccinarle significa esporre i pensionati al rischio contagio».

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