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«Il Mezzogiorno torni al centro»: parla Giannola, presidente Svimez

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Basta con il vento del Nord

«La conferenza Stato-Regioni deve essere riformata. Assurdi i rigurgiti sull’autonomia differenziata»

Venerdì 07 Agosto 2020, 13:07

Cosa attende il Paese dopo l’estate della ripartenza? Continua il nostro ciclo di interviste a economisti, giuristi e politologi per analizzare il futuro prossimo di un’Italia ferita da pandemia e recessione. Dopo l’economista Nicola Rossi, ecco il presidente della Svimez Adriano Giannola.

Professor Giannola, viviamo un’estate complessa. Siamo in ripresa o, come sostengono alcuni, il peggio deve ancora venire?

«Il Governo si sta sforzando di mantenere il nuotatore a pelo d’acqua senza farlo affogare. E lo fa, ovviamente, giorno per giorno e indebitandosi».

Un errore?

«No, nella misura in cui se un’impresa va in crisi per una ragione come la pandemia bisogna sostenerla. Non c’è dubbio. È un’opera necessaria».

E in quest’opera necessaria quando spazio ha avuto il Sud?

«Tentare di mantenere in vita l’esistente significa aiutare soprattutto il Nord. Il problema però è che bisognerebbe fare anche altro, non solo supportare chi perde colpi».

In una eventuale operazione di rilancio da dove bisognerebbe iniziare?

«Serve una visione con una destinazione precisa: il Mezzogiorno. Da qui non si scappa. Il Governo, utilizzando i fondi europei, deve immaginare un progetto per mettere a sistema il Sud. Non le Regioni, ma il Meridione nella sua interezza. I territori dovranno eseguire ciò che lo Stato ha concertato».

Perché questa visione centralista?

«Perché il Sud non si salva un pezzo alla volta. Ho parlato più volte del quadrilatero dei porti: Bari, Napoli, Taranto e Gioia Tauro. Tutte Zone economiche speciali nelle quali si muovono università, centri di ricerca, energie. Se si mettono in moto questi poli, collegandoli all’agricoltura, governando le aree di retro porto e potenziando contestualmente le infrastrutture, sa cosa succede?»

Cosa succede?

«Che il Sud diventa il secondo motore del Paese, i giovani non scappano più e anche il Settentrione ne trarrebbe giovamento, cosa che però non hanno ancora capito visto che continuano a parlare di “vento del Nord”».

Il ministro Boccia vuole usare il Recovery Fund per finanziare i Lep, cioè i livelli essenziali delle prestazioni. È d’accordo?

«Lep vuol dire scuole, ospedali e mobilità, non altro. Benissimo, facciamolo. Ma bisognerebbe essere più chiari perché, davvero, dopo la pandemia e dopo quell’operazione verità che ha svelato come i soldi da anni vadano da Sud a Nord, e non il contrario, parlare ancora di autonomia differenziata è ridicolo. Anzi, è maleducato».

Mattarella, incontrando i governatori, sembra aver suggerito proprio questo...

«Il presidente della Repubblica non può prenderli a sberle, ovviamente, ma il messaggio è passato chiaramente. La verità è che la Conferenza Stato Regioni, così come immaginata oggi, non va. Ci vorrebbe un presidente terzo, come ad esempio il presidente della Corte costituzionale, che riporti tutti all’ordine quando vengono fuori rigurgiti come quello sull’autonomia».

Torniamo ai contenuti: è sicuro che l’Ue ci permetterebbe di destinare i fondi alla messa a sistema del Sud?

«Tutto quello che ci chiede l’Europa, dalla riduzione delle disuguaglianze alla green economy alle energie pulite, ha nel Sud il suo terreno naturale di attuazione. Così come lo avrebbe il Mes qualora lo accettassimo perché gli investimenti in sanità andrebbero fatti qui. Ma il governo balbetta. In inglese, se aggiungi una “s”, Mess significa “casino”. E noi, come da tradizione italica, di s ce ne mettiamo otto».

Il ministro per il Sud Provenzano scommette sulla fiscalità di vantaggio al Sud. Un buona idea?

«Va bene ma bisogna essere consapevoli che si tratta di una compensazione. Si agevolano gli imprenditori alla luce della drammatica situazione meridionale. Un piccolo vantaggio a fronte di enormi svantaggi».

Tradotto: sarebbe meglio investire?

«Iniziamo col dire che quei soldi non devono essere tolti agli investimenti. E comunque sì: la fiscalità di vantaggio costerebbe 4 miliardi l’anno. Con quei soldi io faccio il ponte sullo Stretto o accorcio i tempi della Napoli-Bari. Le compensazioni non bastano se i problemi restano».

Infine, professore: il governo sarà all’altezza di sfide così complesse?

«Questo governo è come un calabrone: non dovrebbe volare, eppure vola. Ma non basta tenersi su. Serve un esecutivo che dia all’Europa un progetto per il Sud. Ci vorrebbe il coraggio di avere coraggio».

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