«Con oltre la metà del pescato (55%) che viene consumato fuori casa, la chiusura prolungata dei ristoranti affonda la flotta pugliese con 1.500 pescherecci e cinquemila posti di lavoro». E’ l’allarme lanciato da Coldiretti Puglia «sugli effetti del lockdown prolungato al primo giugno». Per Coldiretti, «lo stop forzato alla ristorazione fino alla vigilia dell’estate è un duro colpo per il settore ittico che coinvolge anche la chiusura a cascata delle pescherie e dei mercati ittici all’ingrosso e alla produzione». «Ad aggravare la paralisi del settore sono i limiti agli spostamenti che - spiega Coldiretti - hanno causato anche il crollo della domanda di pesce fresco per consumo casalingo con la nuova tendenza a fare la spesa ogni 2-3 giorni, per evitare di doversi recare spesso al supermercato, che ha portato i consumatori ad orientarsi verso conservati e surgelati. In difficoltà anche gli oltre 12 impianti di acquacoltura e mitilicoltura diffusi in Puglia».
«La situazione delle marinerie in Puglia è molto grave - sottolinea Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia -per il blocco totale del canale Ho.Re.Ca, ora prolungato fino al primo giugno, il crollo della domanda sui mercati italiani ed esteri con l’azzeramento degli ordini, effetto registrato anche nella GDO, orientata più all’acquisto di prodotto surgelato. Le marinerie in Puglia vanno assolutamente aiutate a superare il momento di grande difficoltà». «Sono urgenti - prosegue - le intese con il sistema bancario per la flessibilità nella concessione di fidi e aperture di credito verso le imprese della pesca, il rinvio dei termini e delle scadenze correlati a progetti di investimento finanziati con fondi Feamp con la revisione dei cronoprogrammi, al fine di evitare il disimpegno automatico e gli indennizzi per i pescatori che loro malgrado stanno subendo danni ingenti diretti e indiretti».
«Già in tempi ordinari - precisa Muraglia - quasi 8 pesci su 10 consumati sono stranieri, spesso senza che i consumatori lo sappiano, soprattutto a causa della mancanza dell’obbligo dell’indicazione di origine che consente di spacciare per nostrani prodotti provenienti dall’estero che hanno meno garanzie rispetto a quello Made in Italy. L’emergenza Coronavirus ha aggravato lo scenario con la vendita quasi esclusiva di pesce importato dall’esatto e surgelato. I pericoli maggiori per l’Italia vengono infatti dal pesce spagnolo, come tonno e pescespada, con alto contenuto di mercurio e dal pesce francese, sgombro in primis, per l’infestazione del parassita Anisakis».