verso il voto

Regionali, la Lega frena su Fitto e aspetta il voto in Emilia

Leonardo Petrocelli

Spunta l'ipotesi di un nome condiviso

Le sorti della Puglia potrebbero passare dall’Emilia Romagna e dalla Calabria. Almeno, per quanto riguarda il centrodestra. La candidatura di Raffaele Fitto alla guida della Regione, lanciata dai meloniani e accolta con freddezza dai leghisti, è infatti al centro di un tetris piuttosto complicato.

Il QUADRO NAZIONALE - Finora, si è detto che la resistenza del Carroccio era motivata dalle acredini tra Fitto e qualche leghista salentino, nonché dalla volontà della dirigenza pugliese dei salviniani di indicare un proprio candidato, cioè il presidente dell’Invimit Nuccio Altieri. In nome di questo sarebbero partite le pressioni su Matteo Salvini per convincerlo a non chiudere l’accordo e a lasciare aperta la partita pugliese. C’è molto di vero in questa ricostruzione, ma forse non è tutto qui. La spartizione delle regioni al tavolo nazionale ha finora obbedito a una logica piuttosto equilibrata: tre alla Lega (Emilia Romagna, Toscana e Veneto), due a Forza Italia (Calabria e Campania) e due a Fratelli d’Italia (Marche e Puglia). Ma se i rapporti di forza dovessero cambiare e, ad esempio, il solco fra leghisti ed azzurri allargarsi ancora di più, ecco che le carte potrebbero rimescolarsi. Tradotto: una vittoria della Lega in Emilia Romagna e una sconfitta dei berlusconiani in Calabria (dove Forza Italia è spaccata coni fratelli Occhiuto da una parte e la candidata Santelli dall’altra), potrebbero permettere al Capitano di chiedere una revisione dell’accordo. A quale scopo? Per ottenere di più, naturalmente. Rumors suggeriscono che l’obiettivo possa essere la Campania, lì dove la candidatura del forzista Stefano Caldoro non fa precisamente ballare di gioia i leghisti. Addirittura è trapelata la voce di un possibile dirottamento di Fratelli d’Italia proprio sulla Campania con la Lega in Puglia e Forza Italia decurtata di una Regione, ma alla luce dello scarso interesse dei meloniani per il governo dell’area partenopea l’ipotesi non sta in piedi. E poi c’è da fare i conti con Forza Italia che, a meno di un disastro alle urne, certo non arretrerebbe così facilmente.

IL NOME CONDIVISO - Insomma, le voci si rincorrono e la partita sembra ancora aperta. In serata, trapela poi la voce di una possibile mediazione. Si tratterebbe di una controproposta leghista: Fratelli d'Italia rinuncia a Fitto, il Carroccio non insiste sulla carta Altieri e ci si incontra a metà strada, con un candidato di area sovranista che non provochi scintille. Ma, a quel punto, dovrebbe essere l’ex governatore salentino, già lanciato dalla Meloni, a mostrarsi disponibile a farsi da parte. Un sentiero stretto, si vedrà. Nel frattempo, in caso di mancata chiusura, lo stesso Fitto potrebbe trarre giovamento da un monitoraggio della situazione. Un centrodestra vittorioso ovunque sarebbe già una mezza garanzia di successo. Ma se i conservatori perdessero sia in Emilia che in Calabria il cielo si farebbe improvvisamente più scuro anche a queste latitudini.

In tutto questo, a fronte dell'ovvio silenzio dei protagonisti della vicenda, il governatore pugliese Michele Emiliano continua invece a ragionare nel merito: «In tutta sincerità - osserva -, mi dispiace che una personalità importante come Fitto in questo momento sia sballottato dentro le decisioni di quadri nazionali che, più che della Puglia, si occupano della Calabria, della Campania, del resto d’Italia. È un modello politico che pensavamo fosse finito e invece stiamo tornando a vent’anni fa nel centrodestra, e questo mi dispiace».

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