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Caso marò, calvario dopo 7 anni: scontro all'Aja sulla giurisdizione

 
Laurence Figà-Talamanca (Ansa)

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Laurence Figà-Talamanca (Ansa)

«Marò, ci sono presupposti per il rientro di Girone in Italia»

Massimiliano Latorre (a sinistra) e Salvatore Girone

Duello giudiziario su chi deve processare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. L'Italia: tocca a noi. Ma per l'India sono già colpevoli

Lunedì 08 Luglio 2019, 20:34

«I due marò sono protetti dall’immunità di servizio davanti ai tribunali stranieri, la giurisdizione sul caso spetta a noi». L’Italia ha rivendicato, ancora una volta, il proprio diritto-dovere di indagare ed eventualmente giudicare i due fucilieri di Marina nella prima giornata di udienza davanti al Tribunale arbitrale internazionale, in quello che dovrebbe essere l’ultimo atto dell’annosa e tortuosa controversia tra Roma e Delhi su chi debba giudicare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati dall’India di aver ucciso due pescatori indiani al largo del Kerala il 15 febbraio 2012.

Ma il condizionale è d’obbligo visti gli anni ormai passati dall’accaduto, e la ribadita opposizione indiana: «Le vere vittime siamo noi e i due nostri pescatori», ha sostenuto in aula il governo di Delhi.

La posizione dell'Ambasciatore

A snocciolare le ragioni dell’Italia all’Aja è stato l'ambasciatore Francesco Azzarello: Latorre e Girone «sono funzionari dello Stato italiano», all’epoca impegnati nell’adempiere ai loro compiti in un’operazione antipirateria. Inoltre, si trovavano «a bordo di una nave battente bandiera italiana», l’Enrica Lexie, che navigava «in acque internazionali». Tutte circostanze che, ha sostenuto l'ambasciatore, giustificano un’immunità di fronte alla giustizia di altri Paesi.

La difesa: sparati colpi di avvertimento

Non solo. I due militari hanno sempre dichiarato di aver sparato colpi di avvertimento in acqua all’avvicinarsi del peschereccio St. Antony, temendo di essere sotto l’attacco di pirati. La nave fu costretta a entrare in porto e i due fucilieri fatti scendere e arrestati. «Agli occhi dell’India, non c'è presunzione di innocenza - ha accusato Azzarello -: i marò erano colpevoli di omicidio ancor prima che le accuse fossero formulate».

L'Italia: da India ingiustificati rinvii

L’Italia imputa all’India anche "ingiustificabili rinvii» nei procedimenti e di aver «inventato speciali procedure, in violazione della stessa Costituzione indiana», fino a formulare la drammatica ipotesi di una condanna a morte. Roma - che comunque apprezza «il ritorno alla normalità delle relazioni tra i due Paesi» dal rientro dei due in patria - ha quindi invitato la Corte a considerare anche le ragioni umanitarie: per quasi 8 anni, Latorre e Girone sono stati "privati in vario modo della loro libertà». Sebbene in Italia, i due marò restano infatti sotto l’autorità della Corte Suprema indiana e hanno ancora l’obbligo di firma, non possono viaggiare né incontrarsi.

Nuova Delhi: è stato omicidio, siamo noi competenti

Dai banchi opposti, il rappresentante indiano G. Balasubramanian ha invece dichiarato che «l'Italia ha infranto la sovranità dell’India nella sua zona economica esclusiva», dove i due marò hanno «sparato con armi automatiche contro un peschereccio indiano», uccidendone due membri di equipaggio: "L'India e due suoi pescatori sono le vere vittime». Per questo, è la posizione di Delhi, il caso «è materia di tribunali nazionali».

Salvini e Trenta: al fianco dei nostri militari

Il vicepremier Matteo Salvini e la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, divisi sul fronte degli sbarchi dei migranti, si sono uniti nell’assicurare via social il sostegno del governo ai due fucilieri. «Sempre al fianco dei nostri militari», ha scritto il primo, «cari Salvatore e Massimiliano, non siete soli», la seconda, che ha espresso «massima fiducia nel Tribunale arbitrale».

I cinque giudici che lo compongono avranno ora due settimane di tempo per ascoltare le ricostruzioni dei fatti dai rispettivi team legali a colpi di esami balistici, referti di autopsie, testimonianze e carte nautiche. La loro decisione arriverà entro sei mesi e, forse, la disputa sarà definitivamente chiusa.

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