Martedì 04 Novembre 2025 | 15:40

San Severo, l'appello di una donna per liberare il marito palestinese rimasto a Gaza

San Severo, l'appello di una donna per liberare il marito palestinese rimasto a Gaza

 
Redazione Foggia

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San Severo, l'appello di una donna per liberare il marito palestinese rimasto a Gaza

«C’è una sentenza che consente il rimpatrio in Italia». Agli inizi di ottobre la donna, che coordina dall'Italia progetti sociali di sviluppo psicologico e emotivo dei bambini palestinesi, ha messo in atto uno sciopero della fame per 11 giorni

Martedì 04 Novembre 2025, 10:19

"La situazione a Gaza resta drammatica". Anche se i bombardamenti sono meno continui, "la sostanza non è cambiata. Ieri ci sono state demolizioni sommarie di edifici e colpi d'artiglieria sulla popolazione a Deir al Balah e al Sud. Con la sentenza di agosto del tribunale civile di Roma io e le altre sei persone nella mia stessa situazione abbiamo fornito tutte le credenziali possibili e immaginabili. Se non si vuole riconoscere il visto per ricongiungimento familiare, almeno si riconoscano le ragioni umanitarie". Lo dice Maria Pia Montemitro, 34enne di San Severo, sposata con un palestinese di 25 anni che è bloccato a Gaza, in condizioni molto difficili. Il suo ricovero precario è in una tenda di nylon. Agli inizi di ottobre, per sensibilizzare l'opinione pubblica e le autorità nazionali, la donna, che coordina dall'Italia progetti sociali di sviluppo psicologico e emotivo dei bambini palestinesi ("dal 2023, prima di conoscere mio marito", precisa), ha messo in atto uno sciopero della fame per 11 giorni e ha lanciato un appello video, affiancata dalla sindaca di San Severo Lidya Colangelo, per chiedere l'applicazione della sentenza del tribunale civile di Roma, del 12 agosto scorso, che ha sancito il diritto al ricongiungimento familiare con il coniuge. Un diritto che l'organismo giudiziario ha riconosciuto anche "ad altre sei persone che si trovano in una situazione simile". Nella sentenza si evidenzia la situazione di "catastrofe umanitaria" che si vive a Gaza, una "zona di guerra" segnata da "bombardamenti, carestia e collasso del sistema sanitario", e quindi l'esposizione del marito "al rischio attuale e concreto per la propria vita e l'incolumità fisica". Ciò impone allo Stato italiano, si legge, "l'attivazione degli obblighi di protezione internazionale". Nonostante l'appello al prefetto di Foggia e alle autorità di governo la situazione non si è sbloccata. "Il prefetto di Foggia non ha mai risposto - aggiunge - il Ministero non si è mai confrontato con i miei avvocati. Il consolato generale di Gerusalemme, che dovrebbe applicare la sentenza, ha preferito non farlo e ha risposto con una domanda, e cioè 'dov'è la registrazione del contratto di matrimonio?' Ma già la sentenza - ricorda - aveva stabilito che questo era complicato, visto che è stato contratto, con rito islamico, tra un cittadino non comunitario e una cittadina italiana. E comunque la sentenza convalida il legame affettivo».

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