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Minacce a Canonico, chiusa l'inchiesta: «I clan foggiani provarono a togliergli la squadra di calcio»

 
filippo santigliano

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filippo santigliano

Minacce a Canonico, chiusa l'inchiesta: «I clan foggiani provarono a togliergli la squadra di calcio»

Dopo gli arresti di maggio: i quattro indagati restano in carcere. L'accusa della Dda: metodi mafiosi per convincere il patron a vendere

Sabato 19 Luglio 2025, 06:00

Chiuse le indagini a carico di 4 foggiani per il tentativo d’estorsione aggravato dalla mafiosità al presidente del Foggia calcio 1920, Nicola Canonico, imprenditore edile di Bari. Un tentatio finalizzato (inutilmente a) costringerlo a dimettersi e cedere la società. I pm Bruna Manganelli della Dda di Bari e Enrico Infante della Procura di Foggia hanno firmato l’avviso di conclusione indagini, atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Marco Lombardi, 49 anni, Massimiliano Russo, 50 anni, Fabio Delli Carri, 48 anni e Danilo Mustaccioli, 48 anni, arrestati dalla Polizia il 19 maggio: sono detenuti in carcere.

Ai quattro (in concorso con un minore) sono contestati a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità otto episodi di tentata estorsione, porto e detenzione illegale di armi e esplosivo, danneggiamento. Sono contestati cinque «avvertimenti»: il 18 giugno 2023 una fucilata contro l’auto di Davide Di Pasquale, allora capitano del Foggia, parcheggiata davanti allo stadio mentre la squadra era a Lecco per lo spareggio per la serie B poi perso. Il 9 gennaio 2024 un chilo di esplosivo posizionato a Modugno nella sede dell’impresa «Cn Costruzioni generali» accanto all’auto di Emanuele Canonico, figlio di Nicola e vicepresidente della società rossonera. Il 14, 15 e 16 marzo 2024 gli incendi e tentativi di incendi a Foggia della Lancia Delta di Antonello D’Ascanio, capo ultras, della Peugeot 5008 di Giuseppe Severo, segretario generale del Foggia e della Jeep Renegade di Vincenzo Milillo, direttore generale del club che milita in serie C.

Ai quattro è contestata la tentata estorsione a Nicola Canonico aggravata dal metodo mafioso e da aver agito per agevolare il clan Sinesi/Francavilla, oltre che i tre roghi delle auto. Lombardi e Russo sono poi accusati - il primo come istigatore, il secondo quale esecutore - dell’attentato dinamitardo al figlio di Canonico. Infine Lombardi, Delli Carri e Mustaccioli sono ritenuti responsabili anche delle fucilate contro l’auto del capitano rossonero: limitatamente a quest’ultima imputazione il Tribunale della Libertà a giugno accolse parzialmente il ricorso dei difensori di Delli Carri e Mustaccioli, annullando l’ordinanza cautelare.

L’accusa poggia sulle denunce dei Canonico, ma anche su testimonianze, intercettazioni e dichiarazioni di alcuni pentiti che riguardano non il ricatto ma la presunta vicinanza di Lombardi a capi del clan Sinesi/Francavilla. Proprio Lombardi è la figura centrale dell’indagine. Avrebbe agito contro Canonico mosso da rancore per non essere stato assunto come magazziniere o addetto alle pulizie, e per il licenziamento della compagna dipendente della società rossonera. Avrebbe così attuato «una strategia della tensione», come la definisce la Polizia, attraverso una doppia campagna contro il presidente del Foggia calcio: avvertimenti in serie di matrice mafiosa, post e video sui social per criticare pesantemente gestione di società e squadra. L’obiettivo sarebbe stato «costringere Canonico a dimettersi e cedere la società», come recita il capo d’imputazione. Quale l’ingiusto profitto presupposto del reato di estorsione? «Ottenere da parte di Lombardi un incarico professionale o un rapporto lavorativo; e ancor più conseguire una posizione di forza tale da indurre il Foggia calcio a porsi in maniera favorevole nei suoi confronti: cioè assecondarne le pretese e gli interessi come quelli relativi alla gestione del sistema di sponsorizzazioni e degli accrediti per l’ingresso allo stadio, in relazione al suo legame con esponenti di vertice della batteria Sinesi/Francavilla».

I quattro indagati (difesi dagli avvocati Ettore Censano, Andrea Castronovi, Cristiano Conte, Liliana Iadarola, Massimo Garruto e Fortunato Rendiniello) si dicono innocenti. La difesa sostiene che non ci sono i gravi indizi e non sussiste l’aggravante della mafiosità; quanto a Lombardi, principale indiziato, si tratterebbe tutt’al più di tentata violenza privata conseguenza della sua mancata assunzione come dipendente del club rossonero.

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