LUCERA - “Devo uscire di qua, poi me li vado a fare altri 20 anni. Lo devo sparare in testa. Deve morire, devo uccidere tutta la sua famiglia. Deve morire, non me ne frega niente”. Ferito e furioso Mario Selvaggio, già condannato a 20 anni per un omicidio commesso a dicembre ’98, metteva in conto di scontarne altri 20 pur di avere la sua vendetta contro Giancarlo Di Biase che a Ferragosto 2013 l’avrebbe sfregiato al volto e fratturato una mandibola colpendolo alle giostre con i cocci di una bottiglia, per presunte rivalità connesse allo spaccio. Solo parole in libertà dettata dalla rabbia del momento? No, a sentire Guardia di finanza, pm e gip. “E’ risultato evidente, come si evince dalle intercettazioni, che con il fucile a canne mozze sequestratogli a casa l’11 gennaio 2024, Selvaggio avesse intenzione di compiere la propria vendetta nei confronti di Di Biase per le lesioni subite”, si legge negli atti dell’indagine sfociata 48 ore fa nell’arresto di 15 persone (14 in carcere, 1 ai domiciliari) accusate a vario titolo di spaccio di cocaina e hashish, detenzione e ricettazioni di pistole, fucili e munizioni per fatti datati giugno 2023/gennaio 2024.
Il gip Carlo Protano ha disposto il carcere per i lucerini Mario Selvaggio, 50 anni; Raffaele Guerrieri (47); Paolo De Luca (29); Nicola Carmine Maddalena (46); Antonio Scarano (59); Federico Giuseppe Tozzi (54); Valerio Palazzo (51); Antonio Pio Spatola (25); Pasquale De Palma (35) foggiano residente a Alberona; Vincenzo Di Corso (40); Giuseppe Di Donna (32) di San Severo; Pasquale Cignarella (48); Luigi Bevilacqua (50); e Severino Ciarelli di 31 anni. Domiciliari per Arcangelo Di Brita, 68 anni, originario di Monteleone, residente a Lucera. Rigettata invece la richiesta d’arresto per altri due lucerini, tra cui Di Biase accusato di aver sfregiato Selvaggio “per ottenere il controllo della fetta di mercato degli stupefacenti occupata da Selvaggio”.
Quest’ultimo è il principale indagato del blitz. Fu già arrestato a gennaio 2024 per la detenzione del fucile con successivo patteggiamento. Quell’arresto scatenò la rabbia di Selvaggio che pensava, erroneamente, d’essere finito in cella perché qualcuno aveva parlato: “è stato quell’infamone, nessuno me lo leva dalla testa” si confidava in cella con alcuni familiari. Ancora non sapeva che per mesi le Fiamme gialle avevano intercettato i suoi colloqui piazzandogli microspie, e che continuarono a captarne le conversazioni anche durante la detenzione.
Sono quindi le captazioni ambientali che riempiono l’80% delle 159 pagine dell’ordinanza cautelare, l’elemento principale d’accusa a carico dei 17 indagati. L’indagine partì il 31 gennaio 2023 quando i finanzieri arrestarono due persone estranee all’inchiesta, sequestrando un po’ d’hashish e marijuana. I sospetti sul rifornitore si concentrarono su un altro lucerino (pure estraneo all’inchiesta) e da questi su Selvaggio con cui avrebbe avuto contatti. Una “cimice” nella sua auto avrebbe fatto emergere “la professionalità criminale di Selvaggio”, descritto dal gip come “un soggetto scaltro, attento che grazie alla conoscenza di altre persone di alta levatura criminale riusciva ad approvvigionarsi di ingenti quantitativi di cocaina inizialmente e quindi anche di hashish che tagliava e immetteva sulle piazze di spaccio lucerine grazie a una fitta rete di pusher. Le captazioni hanno permesso anche di constatare i lauti guadagni, analiticamente elencati da Selvaggio quando provvedeva o si accingeva a riscuotere i proventi della vendita di stupefacente, precedentemente ceduto a credito ai suoi pusher”.
Selvaggio fu intercettato per mesi disquisire “della serietà degli albanesi” quali fornitori; dei crediti vantati (“questo mi deve dare 2500”); dei prezzi imposti (“ho detto a 35, 36” euro al grammo per la cocaina); dei consigli ricevuti da un’amica sulla necessità di rendicontare lo smercio (“fatti un resoconto, uno specchietto: 50 grammi giorno tot, 30 grammi giorno tot; metti dare e avere, fai proprio uno schema, hai capito?) dei timori di tornare in cella avendo appreso che la Guardia di finanza aveva piazzato telecamere vicino casa di uno spacciatore (“hanno ripreso anche me”); della scarsa qualità talvolta dello stupefacente (“danno la porcheria alla gente che poi non se la compra: almeno dai loro la roba buona…; e ancora: “come mai è tutta sgraginata questa roba, non è buona”); delle difficoltà economiche tanto da pensare a rapinare un tabaccaio (“sabato sera lo dobbiamo fare”), progetto rimasto tale.