FOGGIA - Nicola Canonico tira dritto. Il presidente del Foggia si è defilato annunciando il suo disimpegno nella conferenza stampa tenuta un paio di settimane fa e non intende tornare sui suoi passi. Il 31 marzo scorso l’imprenditore barese aveva dichiarato: «Sono disposto a cedere il club. Chi intende subentrare al timone della società deve versare 1,8 milioni di euro per il valore del titolo sportivo e il patrimonio calciatori che c’è in rosa, come feci io quattro anni fa quando rilevai la società, accollarsi la debitoria, pari a 2,7 milioni di euro, e le scadenze economiche in tema di stipendi e contributi per completare la stagione (all’incirca 1,3 milioni di euro, ndr). Non intendo in ogni caso iscrivere la squadra al prossimo campionato ed è a rischio il pagamento dei prossimi stipendi». Tutto confermato. Stasera scadrà il termine federale del 16 aprile per onorare il pagamento - relativo al mese di febbraio - di emolumenti, contributi e ritenute. Il Foggia, salvo retromarce dell’ultima ora, risulterà inadempiente. Scatterà quindi, con ogni probabilità, il deferimento, che dovrebbe portare a una penalizzazione (da scontare nella prossima stagione) di due punti per il mancato pagamento degli emolumenti ai tesserati e altri due punti per il mancato versamento di ritenute e contributi.
Presidente, il Foggia onorerà la scadenza federale di oggi?
«No. Non pagherò gli stipendi. Peraltro non sono più presidente del club. La società ora fa riferimento ad un amministratore unico, che è Michele Bitetto. Il Foggia per me è un capitolo chiuso».
Anche un anno fa lei annunciò il proprio disimpegno, poi cambiò idea e ripartì. Stavolta sembra irremovibile.
«Ho tutte le ragioni per esserlo. La cosa che mi fa impazzire è che da vittima si cerca di farmi passare per carnefice. Sono stanco di offese, minacce, insulti, intimidazioni. Voglio ricordare che c’è in corso un’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Bari sulle intimidazioni che la mia famiglia e il club, giocatori inclusi, hanno subito negli anni scorsi. Stiamo parlando dell’ordigno trovato a pochi metri dall’automobile di mio figlio, dei colpi di pistola sparati contro la macchina di Di Pasquale, l’auto incendiata a Garattoni, le intimidazioni all’ex dg Milillo e al segretario Severo. È normale tutto questo? È calcio questo? Penso che si sia andati ben oltre, e sfido chiunque a dire il contrario. Per non parlare delle contestazioni che ho ricevuto».
Si riferisce ai cori e striscioni della tifoseria organizzata o a quello che si legge sui social?
«A tutto. Sono stato persino raffigurato con la faccia di un maiale. Non ne parliamo di quello che ho letto in questi anni sui social. Attacchi continui in cui si augurava il peggio a me e alla mia famiglia. Frasi del tipo “Devi morire”. Non è possibile vivere lo sport e il calcio in questo modo. Dal primo anno, io sono stato visto come il responsabile di ogni sconfitta e tutti gli altri come gli artefici delle vittorie. Alla fine anche la persona più paziente arriva a un punto di non ritorno. L’ambiente era diventato tossico».
A metà marzo aveva dichiarato che da aprile, se non fossero arrivate proposte serie per l’acquisto del club, avrebbe iniziato a programmare la prossima stagione. Perché questo voltafaccia?
«Perché c’è un limite a tutto e arriva un momento in cui non ce la si fa più ad andare avanti. I miei quattro anni di presidenza, per tutto quello che ho subito, li reputo anche troppi. La tifoseria organizzata vuole che io vada via ed io sto esaudendo la sua richiesta».
Si rimprovera qualcosa di questi suoi quattro anni di gestione?
«Ho sbagliato alcune scelte. Ma non sono io che alleno o vado in campo. Nel calcio ci può stare di sbagliare ma non è ammissibile che agli errori si risponda con minacce e intimidazioni».
Foggia rischia il doppio salto all’indietro in Eccellenza. E non pagare stipendi e contributi vuol dire che il club inizierà la prossima stagione con almeno 4 punti di penalizzazione in classifica.
«Non è un tema di cui devo preoccuparmi io. Ho detto che sono disposto a cedere il club, di certo non lo regalo. Ma vedo disinteresse da parte dell’imprenditoria locale. Mi sembra che del destino del Foggia non interessi al tessuto produttivo del territorio. Chiedo 6 milioni per cedere il club incluso la debitoria e le spettanze economiche della stagione in corso e si dice che è troppo? Bene, ma il problema è che non mi è arrivata nessuna proposta, nemmeno al ribasso. Non c’è neanche la possibilità di trattare perché nessuno si fa avanti. Almeno finora questo è il quadro. Gli sponsor del club si sono fatti pubblicità finanziando la trasferta di Crotone: 2.800 euro in cinque... Nessuno si è proposto per farsi carico della scadenza di oggi legata a stipendi e contributi, che ammonta a meno di 300mila euro».
Ha incontrato di recente l’ex patron rossonero Fedele Sannella?
«Sì, mi ha chiesto se fossi davvero intenzionato a cedere la società. Gli ho confermato che voglio vendere il club. Dopodiché è sparito, non si è fatto più sentire».
Sabato c’è un delicato scontro diretto col Messina, allo «Zaccheria».
«Credo che il Foggia non corra il rischio dei playout, visti i risultati e il calendario delle altre squadre coinvolte nella lotta salvezza. Gli emolumenti dei giocatori sono coperti dalle fideiussioni depositate. Io ho garantito tutto finché sono stato presidente. Ora dico basta, lascio a costo di rimetterci milioni di euro».