FOGGIA - «Questa legge è stata fondamentale per due ragioni: innanzitutto perché bisogna colpire i patrimoni perché ciò che muove le mafie sono intenti di lucro e di controllo del territorio per fare affari. Se li colpiamo nel patrimonio vuol dire che togliamo quello che è il senso di fare mafia e illeciti. Poi perché ha una valenza importante finalizzata al riutilizzo». Lo ha detto il procuratore di Foggia, Ludovico Vaccaro, che ha partecipato alla presentazione nel capoluogo dauno della nuova edizione del report «Raccontiamo il bene - le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafiè. Il dossier è a cura dell’associazione Libera di Don Ciotti e racconta quella parte di Italia in cui opera una comunità alternativa a quella mafiosa, che lavora e si impegna a realizzare un nuovo modello di sviluppo territoriale.
In Puglia - stando ai dati - sono 129 (erano 123 nel 2024) le diverse realtà impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata in 45 Comuni. L’iniziativa è promossa dal consorzio di cooperative sociali «Oltre», rete di imprese che da due anni porta avanti il sogno della bottega Centonove-novantasei di Foggia, che vuole raccontare l’importanza e l'efficacia della legge 109/96, la normativa che consente la restituzione alla collettività delle ricchezze e dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali favorendone il riutilizzo pubblico e sociale.
«La mafia - continua il procuratore della repubblica di Foggia, Ludovico Vaccaro - è qualcosa che danneggia non la singola persona ma la collettività. È una legge che sta portando frutti».
«Il riutilizzo sociale dei beni confiscati è un caposaldo dell’azione antimafia - aggiunge Federica Bianchi, referente provinciale di Foggia dell’associazione Libera contro tutte le mafie -. Lo dice anche la Corte dei conti che afferma che il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie è una delle principali azioni antimafia».