Sabato 06 Settembre 2025 | 02:38

La storia da film dell'hacker foggiano Giannetta: confiscato un patrimonio di auto, case e soldi da due milioni di euro

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

La storia da film dell'hacker foggiano Giannetta: confiscato un patrimonio di auto, case e soldi da due milioni di euro

Il 61enne di Orta Nova era finito in carcere a gennaio 2024 nell'ambito di una inchiesta su appalti truccati. E' stato condannato a 5 anni per bancarotta

Venerdì 04 Aprile 2025, 18:59

ORTA NOVA - A gennaio 2024 fu arrestato dalla Finanza di Brescia con l’accusa di accesso abusivo ai sistemi informatici che gestiscono gli appalti di Terna. Nel frattempo l’hacker-imprenditore Paolo Giannetta, 61 anni, nato a Orta Nova ma da trent’anni residente a Vasto, è stato condannato in primo e secondo grado dal Tribunale di Milano a 5 anni per bancarotta fraudolenta.

Una storia da film. Ed è in quest’ambito che a luglio 2024 Giannetta era stato destinatario di un decreto di sequestro di beni da due milioni di euro nell’ambito di una misura di prevenzione emessa dal Tribunale di Milano sulla base della sproporzione accertata tra i redditi dichiarati e il tenore di vita dell’uomo. I militari sequestrarono a Giannetta e ai suoi familiari otto auto di grossa cilindrata (tre Ferrari, Porsche Panamera, BmwX3, Range Rover, Land Rover e una Maserati Ghibli), tre immobili a Carapelle un conto corrente bulgaro con un saldo di 535mila euro. Sono gli stessi beni su cui, nei giorni scorsi, è stata eseguita la confisca definitiva.

Secondo l’accusa Giannetta entrava nel sistema informatico di Terna per consentire ai suoi presunti complici, due fratelli imprenditori di Brescia titolari della Valcart di Bergamo (una azienda che si occupa di recupero di rifiuti), di aggiudicarsi appalti per 12 milioni di euro: per questo motivo l’hacker pugliese era finito in carcere, misura poi attenuata con la concessione degli arresti domiciliari e ora sostituita dall’obbligo di dimora nel Comune di residenza. La Procura di Brescia gli contestava (oltre che il concorso in frode fiscale e omesse dichiarazioni Iva) almeno quattro intrusioni illecite nel portale degli appalti di Terna, così da influire sulle gare per la vendita di rottami di ferro e consentire ai suoi complici di «avere contezza delle offerte presentate dai concorrenti», o anche per bloccare l’accesso ai sistemi «escludendo forzatamente il possibile rilancio di offerte concorrenti negli ultimi minuti disponibili». Una strategia in cui, secondo le indagini (ma il sospetto non ha trovato conferme nei successivi processi) Giannetta potrebbe avere avuto un complice interno all’azienda. Lo stesso Giannetta ha sempre negato gli accessi abusivi, spiegando di aver solo millantato il suo intervento in cambio di denaro. Nel processo di primo grado la Procura di Milano gli ha contestato anche l’associazione per delinquere finalizzata a reati fiscali (da cui è stato assolto), chiedendone la condanna a 9 anni e 6 mesi. Giannetta è stato assolto sia in primo che secondo grado dal reato associativo.

TUTTI I NOMI
In cella sono finiti anche i fratelli bresciani Sergio e Vincenzo Pompeo Bava, 54 e 59 anni, il primo amministratore di fatto della Valcart, società bergamasca che si occupa di gestione di rifiuti. Si trova invece ai domiciliari Antonio Marcone, 52 anni di Novara, funzionario Enel, responsabile dell’Unità centrale di gestione materiale di E-distribuzione: è accusato di aver ricevuto tangenti da almeno 5.000 euro al mese da Sergio Bava per fornire informazioni riservate e predisporre bandi di gara su misura per un totale di oltre 12 milioni di euro. Altre nove persone sono indagate a piede libero. E-distribuzione e Terna, società partecipate dallo Stato, risultano totalmente estranee ai fatti.

IL MECCANISMO
Sono state almeno quattro le illecite intrusioni sul sistema di Terna, finalizzate a «turbare» gare d’appalto per la vendita di rottami di parti di vecchie infrastrutture presenti su tutto il territorio nazionale. «Grazie agli accessi abusivi», scrive il giudice per le indagini preliminari di Brescia Gaia Sorrentino, «gli indagati sono riusciti ad avere contezza delle offerte presentate dai concorrenti, nonché a inoltrare l’offerta per conto di Valcart parametrata ai dati carpiti». Non solo: in un’occasione Giannetta – ricostruisce sempre il giudice – ha sferrato un “attacco ddos”, ovvero è riuscito a provocare il rallentamento del portale di Terna, «escludendo forzatamente il possibile rilancio di offerte concorrenti negli ultimi minuti disponibili». Eppure l’azienda non ha riscontrato anomalie nel sistema informatico. «Tali risultanze investigative», prosegue il giudice, «si sono rivelate di estremo rilievo, poiché confermano le abilità di Giannetta nell’accedere ai server dell’azienda, senza lasciare alcuna traccia, potendo così carpire preziose informazioni in tempo reale da mettere a disposizione di Valcart».

«ALLARME SOCIALE»
La figura di Giannetta, dunque, è definita «cruciale nella gestione degli affari dei fratelli Bava; egli è punto di riferimento per entrambi, mostrando una significativa competenza non solo in campo informatico, bensì anche in campo economico-imprenditoriale in senso lato, avendo dimostrato peculiare spregiudicatezza anche nella realizzazione di condotte illecite nel campo tributario e fiscale». Secondo il giudice, si tratta di «azioni delittuose di elevato allarme sociale»: Giannetta e i suoi complici vanno rinchiusi in carcere anche alla luce della loro capacità di «adattare i propositi criminosi al contesto concreto, alla costante ricerca di nuovi canali di illecito profitto».

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