VIESTE – Ci sono le dichiarazioni dell’ex boss viestano e neo pentito Marco Raduano dietro la condanna a 14 anni e 6 mesi del suo compaesano e rivale Claudio Iannoli, 48 anni, riconosciuto colpevole dalla corte d’appello di Bari del tentato omicidio dello stesso Raduano, ferito a colpi di fucile e mitra mentre rincasava la sera del 21 marzo 2018 nell’ambito della guerra di mafia locale tra il suo clan e i rivali del gruppo Perna/Iannoli. Il pg aveva chiesto la condanna di Claudio Iannoli a 14 anni e 6 mesi; i difensori, gli avv. Salvatore Vescera e Francesca Aricò sollecitavano l’assoluzione; ricorreranno in Cassazione.
Claudio Iannoli si dice innocente. E’ a piede libero per questa imputazione, ma è detenuto dal 21 agosto 2018 per il blitz antidroga “Neve d’agosto”, con condanna definitiva a 20 anni. Per il tentato omicidio Raduano è stato già condannato a 14 anni e 6 mesi in via definitiva Giovanni Iannoli, 38 anni, cugino di Claudio. Giovanni Iannoli è stato a sua volta condannato a 20 anni in “Neve d’agosto”; ed è in attesa di giudizio in due processi in corte d’assise a Foggia in cui ha confessato d’essere coinvolto in due omicidi legati alla guerra di mafia viestana, quelli di Antonio Fabbiano dell’aprile 2018 e di Mariano Solitro dell’aprile 2015. Claudio e Giovanni Iannoli furono arrestati per il tentato omicidio Raduano aggravato dalla mafiosità il 3 giugno 2019 nell’operazione “Scacco al re”: le ordinanze cautelari del gip di Bari chieste dalla Dda furono loro notificate in carcere. Secondo l’accusa furono i due cugini insieme a Gianmarco Pecorelli (assassinato il 19 giugno 2018, uno dei tanti omicidi confessati da Raduano) a far fuoco con fucili e mitra Kalashnikov, ferendo Raduano mentre rincasava; mandante era ritenuto Girolamo Perna, al vertice dell’omonimo clan, ammazzato il 26 aprile 2019. In primo grado i cugini Iannoli furono condannati a 14 anni e 6 mesi con sentenza pronunciata il 23 marzo 2020 dal gup di Bari nel processo abbreviato; condanna confermata dalla corte d’appello di Bari il 5 maggio 2022; la Cassazione il 14 luglio 2023 confermò e rese definitiva la condanna di Giovanni Iannoli (confessò, dicendo d’aver agito insieme a Pecorelli per vendicarsi di Raduano che l’aveva picchiato) e annullò quella del cugino Claudio, ordinando la celebrazione di un nuovo processo d’appello ora conclusosi con la conferma della condanna a 14 anni e 6 mesi.
Decisive si sono rivelate le dichiarazioni rese da Raduano il 20 marzo scorso nel suo primo verbale da collaboratore di Giustizia davanti ai pm della Dda. “Io non ho riconosciuto chi ha sparato perché era buio fitto, ma ho riconosciuto le voci di Claudio e Giovanni Iannoli” il racconto del pentito: “il mio ferimento non è avvenuto in un’unica fase; hanno sparato consecutivamente tre armi, due fucili e un mitra che ha esploso un solo colpo più forte degli altri e che poi non ha più sparato, ho pensato che si fosse inceppato. Io mi sono allontanato e loro hanno continuato a sparare. Dopo 20 metri sono caduto perché colpito a una gamba; in quella fase loro discutevano se avanzare o non farlo. Dicevano: ‘si è inceppata l’arma, non spara; vai avanti tu con l’altra arma; io non lo vedo, non c’è, sicuramente è rientrato, andiamocene’. Ero a 10/15 metri da loro; era una zona di campagna, non volava una mosca: ho riconosciuto le voci di Giovanni e Claudio Iannoli. Con quest’ultimo siamo stati detenuti in passato nella stessa cella, lo conosco bene. Poi che fossero stati loro a spararmi ne ho avuto conferma anche da alcune persone, tra cui Gianmarco Pecorelli quando l’ho ammazzato. Prima di finirlo mi sono fatto dire chi erano i componenti che mi ferirono. Gli chiesi: ‘chi mi siete venuti a sparare?’. Lui mi confermò che furono lui, Giovanni e Claudio Iannoli; lo fece con un po’ di difficoltà perché era stato colpito e non aveva fiato”.