Chiamato a confermare davanti a pm, gip e difensori la confessione resa in occasione del fermo e soprattutto le dichiarazioni accusatorie a carico del coindagato, si è avvalso della facoltà di non rispondere nell’incidente probatorio chiesto dalla Procura Redouane Moslli, 43 anni, bracciante marocchino residente a Milano, accusato d’essere l’autore materiale dell’omicidio a scopo di rapina di Francesca Renata Marasco, 72 anni, foggiana uccisa nella tarda mattinata del 28 agosto 2023 con 4 coltellate a collo e addome nella propria tabaccheria di via Marchese De Rosa 100, che aveva riaperto quella mattina dopo le ferie.
Fermato il 3 settembre dai carabinieri su decreto della Procura, Moslli confessò al pm Ida Perrone e due giorni dopo al gip Marialuisa Bencivenga d’aver accoltellato la tabaccaia, chiamando in causa Vittorino Checchia, 71 anni, originario di Castelluccio dei Sauri e domiciliato a Foggia, che sulla scorta di quella chiamata di correità venne arrestato il 14 settembre su ordinanza del gip: si dice innocente. Moslli raccontò che subito dopo la rapina si cambiò i vestiti in un locale in uso a Checchia con cui spartì i 75 euro sottratti alla vittima; che fu Checchia a indicargli la tabaccheria da rapinare; a fornirgli coltello, mascherina anticovid e guanti usati per il colpo; a suggerirgli di lasciare Foggia nei giorni successivi al delitto tant’è che lui raggiunse Napoli dove fu poi rintracciato dagli investigatori.
L’incidente probatorio serve a acquisire la prova prima del processo. Ieri mattina i 2 indagati scortati dalle carceri dove sono detenuti si sono ritrovati nell’aula del gip, presenti giudice, pm, gli avv. Benedetto Scippa legale del nordafricano, Carlo Gesueto difensore del foggiano, Enrico Rando legale dei familiari della Marasco che si costituiranno parte civile. Moslli ha scelto la linea del silenzio, l’udienza si è chiusa in pochi minuti. “Ci sarà tempo e modo di chiarire tutte le circostanze con la presenza anche di un interprete; tutto ciò avverrà nel corso del procedimento” ha detto al cronista l’avv. Scippa aggiungendo: “secondo la difesa non c’era ragione in questa fase di ricorrere all’acquisizione della prova con la procedura dell’incidente probatorio, in particolare atteso che non c’era il pericolo che la testimonianza non potesse essere resa successivamente, non c’era l’urgenza per farlo. La decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere non cambia niente; non significa certo che il mio assistito ritratta quanto dichiarato in precedenza, visto che ha sempre voluto collaborare sin dal primo momento, ma ci sono una serie di elementi da valutare”. Gli avv. Gesueto e Rando hanno preferito non rilasciare commenti. La Procura potrebbe chiudere in tempi rapidi l’indagine.
All’identificazione e fermo di Moslli su decreto del pm, i carabinieri arrivarono visionando numerosi video che filmarono l’arrivo del rapinatore nella tabaccheria e la fuga, ma non anche l’aggressione perché nella rivendita non c’era un sistema di videosorveglianza. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Moslli aggredì la Marasco dietro il bancone; la colpì con 4 fendenti, anche se lui sostiene che non voleva ucciderla; rapinò 75 euro e 2 telefonini; scappò buttando il coltello, ritrovato vicino alla tabaccheria; raggiunse un locale di via Mameli dove si cambiò i vestiti; proseguì la fuga. I fotogrammi dell’uomo furono riconosciuti da tre testimoni: un commerciante, uno straniero cui il sospettato vendette uno dei telefonini rapinatori, un assistente sociale. Negli interrogatori davanti al pm prima e poi dal gip che convalidò il fermo, Moslli fece il nome di tale “Neru”, poi riconosciuto in foto in Checchia. Disse d’averlo conosciuto qualche mese prima nel centro d’accoglienza di una chiesa cittadina; sostenne che si erano messi d’accordo per la rapina, e che la tabaccheria di via Marchese De Rosa indicatagli dal presunto complice doveva essere la prima di una serie di rivendite da rapinare; raccontò d’aver ricevuto da Checchia arma del delitto e necessario per travisarsi e d’aver spartito con lui il bottino.