FOGGIA - Nasce dal danneggiamento del finestrino dell’auto di un ex assessore comunale l’inchiesta a carico di 11 persone – ex amministratori comunali, dipendenti del municipio, privati cittadini - accusati a vario titolo di 15 capi d’imputazione: tentata estorsione per ottenere l’assegnazione di alloggi popolari; induzione indebita a dare/ottenere 1500 euro per avere una casa; tentata induzione indebita per un posto di lavoro in Comune; minacce, danneggiamento; traffico di influenze illecite; abuso; falso e occupazione di alloggi. I pm Roberta Bray e Enrico Infante hanno chiesto il rinvio a giudizio degli 11 imputati, tra cui l’ex sindaco Franco Landella e l’ex assessore Antonio Bove, che compariranno l’8 marzo davanti al gup Marialuisa Bencivenga per l’udienza preliminare: si dichiarano innocenti. I fatti contestati vanno da giugno 2019 a febbraio 2020; i pm chiusero le indagini a luglio 2022, nel novembre 2023 seguì la richiesta di rinvio a giudizio. Individuati come parti offese e che quindi potranno costituirsi parte civile Comune, Arca Capitanata, Bove (è sia imputato sia parte offesa), 2 privati.
Fu da questa indagine sulla presunta assegnazione illecita di case popolari che poi si sviluppò l’inchiesta su presunte tangenti al Comune che tra aprile e maggio 2021 portò all’arresto di 5 persone, compresi l’allora sindaco Landella e l’ex presidente del consiglio comunale Leonardo Iaccarino, vicenda per la quale è in corso da marzo 2023 (ieri udienza rinviata per l’imposssibilità di un imputato a prendervi parte, ndr) il processo a 14 imputati accusati a vario titolo di tentata concussione, corruzione, istigazione alla corruzione, induzione e tentata induzione indebita a dare o promettere utilità, peculato.
La Procura chiede ora al gup di mandare a processo Franco Landella, 57 anni, ex sindaco; Antonio Bove, 53 anni, ex assessore al bilancio con delega alle politiche abitative; Anna Rosaria Ester De Nisi, 60 anni, addetta all’ufficio comunale delle politiche abitative; Ida Paranzino, 66 anni, dello stesso ufficio; Domenico Napolitano, 29 anni; il padre Luigi Napolitano, 57 anni; Giovanni Ferrazzano, 34 anni; Silvia Pacello, 74 anni; Lucia Livrieri, 58 anni; Luigi Cappuccio, 41 anni; e Raffaella Ziccardi, 38 anni.
Bove e Domenico Napolitano sono accusati di induzione indebita a dare o promettere utilità: l’ex assessore nel giugno 2019 avrebbe chiesto e ricevuto 1500 euro dal coimputato “per fargli conseguire la disponibilità di un appartamento dell’Arca” (agenzia regionale per la casa e l’abitare). Luigi Napolitano, il figlio Domenico e Ferrazzano rispondono di minacce a Bove e tentata estorsione; secondo l’accusa Luigi Napolitano il 12 settembre 2019 avrebbe avvicinato Bove nei pressi di un bar cittadino “dicendogli che gliel’avrebbe fatta pagare per costringerlo a far assegnare un alloggio di edilizia popolare al figlio Domenico”; quest’ultimo e Ferrazzano qualche giorno dopo, il 17 settembre, avrebbero infranto il finestrino della “Toyota Yaris” in uso all’assessore, per cui rispondono anche di danneggiamento. Fu proprio dal finestrino rotto (una volante intervenne e mise in fuga tre persone) che partirono le indagini di Polizia e Procura, proseguite con intercettazioni e che si focalizzarono sulla presunta compravendita e assegnazione illecita di alloggi popolari. A Bove si contesta anche un tentativo di induzione indebita perché avrebbe chiesto tra 10mila e 30mila euro a un foggiano, “rappresentandogli che la somma era necessaria per far sì che la figlia fosse assunta come dipendente dal Comune o da una società controllata dal Comune”.
Landella, Bove, De Nisi, Paranzino, Livrieri e Paciello sono imputati di abuso: Pacello e Livrieri avrebbero istigato Bove per far dare una casa alla Livrieri; l’allora assessore avrebbe chiesto agli uffici comunali di assegnare una casa cui però la Livrieri non avrebbe avuto diritto, secondo la Procura, perché già in precedenza assegnataria di alloggi di edilizia residenziale pubblica; Landella a febbraio 2020 avrebbe adottato un provvedimento di assegnazione di un alloggio popolare a favore di una donna estranea all’inchiesta, violando il decreto legislativo 267/2000 “che riserva esclusivamente ai dirigenti degli enti locali e non agli organi politici gli atti amministrativi e di gestione”; Paranzino e De Nisi avrebbero firmato la prima un provvedimento di autorizzazione all’occupazione straordinaria e temporanea di un alloggio in favore della Livrieri, mentre la seconda avrebbe predisposto l’atto per la firma del sindaco per l’assegnazione di un alloggio alla donna estranea all’inchiesta. Così facendo sindaco, assessore e le due dipendenti comunali avrebbero favorito e “procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alla Livrieri e a…” (la donna estranea all’inchiesta) “consistente nel conseguire la disponibilità di una casa popolare”, con conseguente “danno ingiusto a chi aveva titolo o comunque d’essere preferito alle due donne”. Connesse a questo presunto abuso sono le accuse di falso contestate alle due dipendenti addette all’ufficio delle politiche abitative. I pm accusano poi Livrieri e Pacello anche di traffico di influenze illecite: la prima avrebbe consegnato alla seconda un bracciale e un telefonino “quale corrispettivo per la mediazione illecita della Pacello verso Bove” per far assegnare alla Livrieri una casa popolare. Infine Cappuccio e la Ziccardi sono accusati di aver “invaso arbitrariamente un immobile di proprietà di Arca Capitanata”.