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Foggia, non erano assenteisti: «Tutti assolti»

 
Redazione Foggia

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Sentenza del giudice monocratico. Incubo finito per sei impiegati della Provincia dopo il blitz dell’aprile 2015

Venerdì 20 Ottobre 2023, 12:42

FOGGIA - Otto anni e mezzo dopo il blitz dei carabinieri del 2 aprile 2015 con 4 arresti, finisce l’incubo per 6 dipendenti dell’amministrazione provinciale assolti dall’accusa di truffa aggravata quali presunti assenteisti per fatti che risalgono al settembre 2013/maggio 2014. Il giudice monocratico Accardo ha assolto perché il fatto non sussiste i foggiani Margherita Gargiulo, 74 anni, già andata in pensione all’epoca del blitz; Giuseppina Lucrezia Carucci, 63 anni; Filippo Formiglia, 43 anni; Michele Piserchia, 55 anni; Nadia Muscatiello, 48 anni; e Emiliana Pizzicola Cavicchia, 61 anni, di San Severo. I primi 4 furono posti ai domiciliari e rimessi in libertà dopo pochi giorni.

Anche il pm viste le testimonianze rese in aula chiedeva l’assoluzionene, come i difensori avv. Giulio Treggiari, Nicola Traisci, Valentina Lucianetti, Paolo Dambrosio, Angelo Masucci, Giuseppe Spada, Domenico Fasanella, Simone Moffa. Non ci fu alcun danno economico per l’ente costituitosi parte civile, la tesi difensiva, perché i sei dipendenti del settore politiche sociali avevano un orario di lavoro spalmato nell’arco della giornata, per cui se capitava di arrivare in ritardo veniva compensato dal rimanere in servizio talvolta anche sino alle 8 di sera; inoltre le assenze dall’ufficio distaccato di via Lecce dov’erano impiegati erano motivate dalla necessità di raggiungere altre sedi di lavoro.

Il pm contestava a Gargiulo, Carucci, Cavicchia, Formiglia e Piserchia di “presentarsi ripetutamente e alternativamente in ritardo sul luogo di lavoro rispetto all’orario di entrata, omettendo di timbrare il cartellino marcatempo nell’orario effettivo, ma riuscivano ugualmente a far risultare la presenza grazie alla timbratura di colleghi compiacenti; gli imputati si allontanavano dall’ufficio omettendo di far risultare l’uscita e rientrando senza timbrare; andavano via prima dell’orario di uscita omettendo di farlo risultare, e sanando l’omissione grazie a colleghi che timbravano al posto loro”. Da qui l’ipotesi di aver truffato la Provincia “sull’effettiva presenza sul lavoro e sulle ore effettivamente svolte, arrecando un danno patrimoniale pari a 1800 euro per ogni dipendente per le ore illegittimamente retribuite”. Muscatiello rispondeva a sua volta di truffa perché “solita uscire da sola, allontanandosi ripetutamente nel corso dell’orario di lavoro, omettendo di timbrare al momento di uscire e di rientrare”. Ai dipendenti si contestava l’aggravante “d’aver cagionato all’ente un danno patrimoniale di rilevante gravità” (ai primi 5); e “d’aver violato i doveri inerenti alla pubblica funzione e al pubblico servizio” (tutti e 6).

La lunga istruttoria dibattimentale, l’ascolto dei testimoni tra cui dirigenti della Provincia ha dimostrato che gli impiegati non erano assenteisti; che le uscite dall’ufficio di via Lecce erano giustificate; che non ci fu alcun danno economico perché l’orario di lavoro veniva rispettato. L’indagine partì da un esposto giunto ai carabinieri il 14 aprile 2013 in cui “si lamentava l’assenteismo di alcuni dipendenti della Provincia impiegati presso gli uffici dei servizi sociali di via Lecce 55 e dell’osservatorio delle politiche sociali in via Fornelli 8, che benchè dotati di 2 ingressi in condomini diversi sono comunicanti e hanno un unico orologio marcatempo”, scrisse il gip nell’ordinanza cautelare.

I carabinieri si appostarono le mattine del 24, 26, 27 e 30 settembre 2013 e filmarono tutto “per riscontrare l’allontanamento dal posto di lavoro”, registrando arrivi in ufficio dopo le 9. La magistratura poi autorizzò l’installazione di due telecamere esterne sulle entrate di via Lecce e via Fornelli attive dal 7 febbraio al 7 maggio 2014. “Da filmati e fotogrammi dei dipendenti al momento di entrare e uscire, è stato possibile ricostruire” scrisse il gip “i dati relativi alle presenze effettive per ciascun indagato in ogni giornata e confrontarli con quelli relativi alle ore di presenza risultanti dalla timbratura del badge. Chi entrava alle 9, risultava dai tabulati essere arrivato alle 8. Le indagini hanno quindi consentito di evidenziare che gli indagati si allontanavano sovente dall’ufficio durante l’orario di lavoro senza registrare uscita e rientro mediante l’orologio marcatempo. La costante reiterazione della condotta in tre mesi, la predisposizione di un meccanismo collaudato che prevede il reciproco utilizzo del badge da parte di colleghi per far risultare la presenza in modo illegittimo, indicano una condotta abituale e la sua costante ripetizione è divenuto un fatto normale”. Accuse che non hanno retto al vaglio dibattimentale: tutti assolti perché il fatto non sussiste.

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